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CUTRO (CROTONE) – C’era l’”ingegnere” di qua, più prossimo geograficamente ai parchi eolici da vessare, e l’”ingegnere” di là. Ci sono anche gli appellativi con i quali venivano chiamati nelle conversazioni intercettate fra gli elementi valorizzati dalla Corte di Cassazione che nel giugno scorso, respingendo i ricorsi difensivi, ha fatto diventare definitive le condanne a otto anni e mezzo di reclusione ciascuno per due boss di spicco della ‘ndrangheta come Pantaleone “Luni” Mancuso e Giovanni Trapasso, capi indiscussi delle omonime cosche di Limbadi e San Leonardo di Cutro. La Suprema Corte ha depositato le motivazioni della sentenza con cui confermava quella di secondo grado, un anno prima, dalla Corte d’Appello di Catanzaro che a sua volta sostanzialmente confermava la sentenza emessa nell’aprile 2021 dal Tribunale penale di Crotone nel troncone processuale scaturito dall’inchiesta che portò all’operazione “Via col vento”, con cui la Dda di Reggio svelò presunti tentacoli dei clan sui parchi eolici di mezza Calabria e dei boss soprannominati l’ingegnere.

Passata in giudicato anche la pena di 8 mesi (con la sospensione condizionale) per Riccardo Di Palma, di San Lupo (in provincia di Benevento), e quella di 5 anni e 3 mesi per Giuseppe Errico, di Cutro, proprietario dell’hotel in cui avvenivano summit con “l’ingegnere” Trapasso. Rigettati, dunque, i ricorsi dell’avvocato Pietro Pitari, difensore di Trapasso; dell’avvocato Salvatore Iannone per Errico; dell’avvocato Francesco Severino per Mancuso e degli avvocati Spina e Mileti per Di Palma. Il business su cui avevano allungato le mani alcune delle cosche più potenti della ‘ndrangheta, come i Paviglianiti radicati nel Melitese, i Mancuso di Limbadi, i Trapasso di San Leonardo di Cutro e gli Anello di Filadelfia, era quello degli impianti di Amaroni, San Lorenzo, Cutro e Crotone.

Nel processo si erano costituiti parte civile la Nordex e l’imprenditore Massimiliano Arcuri, assistiti rispettivamente dagli avvocati Federico Brancaleonte e Giuseppe Barbuto, che si erano associati alle richieste dell’accusa. In particolare, le condanne sono state inflitte per tentata estorsione e concorrenza illecita con l’aggravante mafiosa poiché gli imputati avrebbero tentato di condizionare l’affidamento del servizio di trasporto di pale eoliche della Vestas da Taranto a Cutro alla Fe Trasporti di Giuseppe Evalto, per cui si procede a parte, e alla Molisana Trasporti di Di Palma. I quattro erano accusati anche di estorsione e concorrenza illecita ai danni dell’imprenditore crotonese Massimiliano Arcuri e di Geo Trasporti, al fine di costringere le ditte a cedere i lavori per la costruzione del parco eolico nella località San Biagio di Crotone che erano stati loro appaltati dalla multinazionale Nordex.

Gli arresti erano scattati nel luglio 2018 nell’ambito di un’inchiesta avviata nel 2012 dalla Dda reggina che avrebbe fatto luce su pesanti infiltrazioni mafiose nel settore eolico un po’ in tutta la Calabria. Perfino multinazionali come Gamesa, Vestas e Nordex sarebbero state costrette a pagare il “pizzo” liquidando alle aziende segnalate da Evalto, faccendiere vicino al boss Mancuso, compensi per prestazioni sovrafatturate o mai svolte. Gli imprenditori furono costretti a subappaltare i lavori per la realizzazione di parchi eolici a imprese controllate dalle cosche, anche aggirando i regolamenti contrattuali, ed è singolare che i boss Trapasso e Mancuso fossero appellati nelle intercettazioni come “ingegnere”. Loro due stabilirono come aggirare il divieto di subappalto, in taluni casi col “benestare” delle multinazionali che nessuna obiezione avrebbero mosso per mantenere quella “tranquillità ambientale” necessaria all’attività imprenditoriale, ma utile ai fini di una spartizione mafiosa in spregio a logiche di mercato e concorrenzialità.

La Cassazione, nelle motivazioni della sentenza, valorizza dialoghi intercettati nel corso dei quali Evalto comunicava a Di Palma che «l’ingegnere di là» (intendendo riferirsi a Mancuso) per distinguerlo dall’altro “ingegnere”, ovvero Trapasso, geograficamente più vicino al luogo dell’appalto, «voleva che i trasporti del parco eolico Vestas fossero affidati ad Evalto e alla Molisana» e che «tale decisione era voluta da entrambi “gli ingegneri”». Secondo gli ermellini, il tenore della conversazione «scolpisce la condotta illecita…platealmente connotatasi appena due giorni prima con l’intervento diretto di Trapasso nella riunione all’hotel…e sfociata nel successivo mese di con la stipula del ridetto contratto di comodato d’uso che mascherava un subappalto oneroso dei trasporti relativi al parco eolico in favore della ditta di Evalto». Coincide tutto con le dichiarazioni «perfettamente in linea» di un teste che riferì che «gli era stato comunicato da Trapasso (in sintonia con quanto Mancuso pretenderà due giorni dopo) che tutti i trasporti avrebbe dovuto farli Evalto». Il diktat degli “ingegneri”.

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