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Il centro per migranti Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto

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ISOLA CAPO RIZZUTO (CROTONE) – Non c’è pace per il Centro d’accoglienza Sant’Anna, struttura per migranti tra le più grandi d’Europa che, a quanto pare, continua a stuzzicare l’appetito dei clan. La Prefettura di Crotone non può escludere tentativi di infiltrazione mafiosa nella gestione della Prociv Arci di Isola Capo Rizzuto, che fa parte del raggruppamento che si è aggiudicata la nuova gara ed era in attesa di sottoscrivere il contratto di appalto.

Dopo l’affaire Misericordia, attraverso cui i tentacoli della cosca Arena si erano allungati sul Cara, nuove ombre si addensano all’orizzonte poiché l’associazione, operante da 25 anni nel territorio, potrebbe essere stata infiltrata dalle cosche. Al vaglio della Prefettura alcuni legami parentali ed elementi d’indagine sul centro per migranti. La presidente Caterina Tambaro, di Cutro, è nipote acquisita della suocera dell’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello di Nicolino, il boss ergastolano che voleva fondare una nuova “provincia” di ‘ndrangheta ed era a capo di una super cosca che ha colonizzato l’Emilia. Ed è nipote di Giuseppe Tambaro, deferito per associazione mafiosa.

Il vicepresidente del centro per migranti Anselmo Rizzo, ex vicesindaco del Pd, viene, invece, evocato, in alcune conversazioni intercettate nell’ambito dell’inchiesta che nel maggio 2017 portò alla maxi operazione Jonny, a proposito dell’appalto per la gestione precedente a quello di Misericordia, con riferimento al fatto che gli sarebbero stati “consegnati” 400mila euro. Sul senso da attribuire a questa conversazione si giocherà buona parte del lavoro difensivo, essendo alcuni legami parentali inoppugnabili anche se la valutazione è discrezionale. A carico di Rizzo si rileva che fu legale rappresentante di Misericordia negli anni dal ’96 al ’99. La contrapposizione, dicono le memorie storiche di Isola Capo Rizzuto, allora era con Leonardo Sacco, ex governatore della confraternita, e l’ex parroco Edoardo Scordio, imputati chiave del processo Jonny.

Sospetti anche sulla posizione di alcuni dipendenti per parentele con persone coinvolte nelle operazioni antimafia Herakles e Stige e con un condannato per reati di mafia in Emilia e per i pregiudizi penali di un quarto, denunciato nel ’99 per lesioni personali, nel 2001 per la truffa del reddito minimo d’inserimento e più di recente per costruzione abusiva. Tra gli elementi di sospetto si rileva anche che alcuni ex dipendenti di Misericordia (incensurati) erano traghettati nella Prociv. Inoltre, una componente del cda è l’ex moglie di un cugino di un cognato di Sacco. L’interdittiva potrebbe avere effetti anche sui progetti Sai gestiti da Prociv, che faceva parte di un raggruppamento con la società Translator di Agrigento che nel gennaio scorso si aggiudicò la gestione del Cara per un importo di 5.976.043 euro per 24 mesi. Si capisce ora perché la continua proroga alla Croce rossa, che non aveva partecipato alla nuova gara. Evidentemente erano in corso complessi accertamenti.

La Prociv ha facoltà di produrre memorie difensive. Intanto, è stata fissata al 22 novembre l’udienza, dinanzi alla Corte d’Appello bis di Catanzaro, per 39 imputati del processo Jonny che hanno scelto il rito abbreviato. Nel febbraio scorso la Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’associazione mafiosa, ha, infatti, annullato con rinvio 39 condanne in molti casi con riferimento all’aggravante della finalità di riciclaggio e dell’uso delle armi. Sono caduti, però, diversi reati fine, e tra questi le malversazioni ai danni dello Stato. Una decisione da cui scaturì una raffica di scarcerazioni, tra cui quella di Sacco, che in appello aveva avuto 20 anni di reclusione, anche se per lui la condanna è stata annullata con rinvio anche con riferimento al suo ruolo di organizzatore della cosca.

A suo carico è anche caduto un episodio di frodi in forniture pubbliche, oltre alle malversazioni e a una truffa. Lo ha scarcerato la Corte d’Appello di Catanzaro che ha ritenuto insussistenti le esigenze cautelari che fino a quel momento avevano causato la sua detenzione al 41 bis. Sacco era in carcere dal maggio 2017, data del blitz interforze denominato Jonny.

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