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Cirò Marina, scoperta la “Banca” dell’usura: un imprenditore e un avvocato agli arresti, una quindicina le vittime. I debitori ricevuti nello studio legale. Il gip: «Professione forense asservita»

CIRÒ MARINA – «L’importante è che l’avvocato faccia le cose ragionate, non come mi gira e mi rigira, invece di darmi una mano…invece di portarmi ad una cifra normale aumenta e triplica con gli accordi suoi, io non lo so come fa».

È soltanto uno dei colloqui intercettati dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare domiciliare emessa dal gip del Tribunale di Crotone Michele Ciociola nei confronti di Cataldo Basile, imprenditore, ritenuto al centro di un giro di usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, e dell’avvocato Vincenzo Tridico, entrambi di Cirò Marina. Ma ad ogni episodio di usura è correlata anche un’accusa di estorsione.

Una quindicina le vittime, per lo più professionisti, piccoli e medi imprenditori edili e titolari di aziende vitivinicole del Cirotano. Uno di loro ha collaboratori con gli inquirenti. E così l’indagine, coordinata dal pm Pasquale Festa e condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Crotone, avrebbe fatto luce su una diffusa pratica di concessione “abusiva” di presiti di denaro, che andava avanti dal 2008 affiancandosi e sostituendosi ai canali legali.

CIRÒ MARINA, GESTIVANO UNA VERA E PROPRIA BANCA DELL’USURA

Una vera e propria banca abusiva che sarebbe riuscita ad affermarsi nel territorio grazie alle difficoltà economiche delle vittime mutandosi ben presto in pratica usuraria. Le vittime oramai associavano l’attività illecita svolta dagli indagati a quella di un ulteriore banca presente sul territorio, come emerge da alcune affermazioni. Coinvolte anche altre due persone, una delle quali svolge anche lei la professione forense. Nei loro confronti non sono state adottate misure cautelari nonostante le richieste del pm.

Gli indagati, secondo la ricostruzione dei finanzieri, hanno concesso prestiti per oltre 920.000 euro alle vittime. A fronte di tali prestiti richiesti a garanzia assegni e titoli di credito da utilizzare, in caso di ritardi nei pagamenti, per attivare le procedure esecutive immobiliari fino al pignoramento dei beni. Accertata in molti casi l’applicazione di tassi d’interesse annui, variabili tra il 20% e il 187%, superiori alla soglia usuraria, grazie ai quali gli indagati avrebbero ottenuto, anche ricorrendo a pratiche estorsive, vantaggi economici per oltre 500 mila euro.

Il modus operandi degli indagati, sempre secondo l’accusa, prevedeva la pressione psicologica sulle vittime mediante la minaccia dell’avvio di procedure esecutive, senza il ricorso all’uso della violenza. I finanzieri hanno anche sequestrato due immobili a Cirò Marina e rapporti bancari e finanziari per un valore di oltre 560 mila euro.

SEQUESTRATI DOCUMENTI CON PIANI DI AMMORTAMENTO E RICEVUTE

Nel corso delle indagini, presso i locali della Basile snc, sequestrata una serie di fogli indicanti i piani di ammortamento di alcuni prestiti e le ricevute di movimentazione di denaro contante. «Un fenomeno di pervicace e lampante esercizio dell’attività creditizia, svolta in dispregio del Testo unico bancario, anche con l’ausilio di professionisti del settore legale che, al solo fine di lucrare sugli incarichi ricevuti in sede di esecuzione in forma specifica del credito, hanno favorito e consentito la prosecuzione dell’attività illecita», scrive il gip Ciociola.

In diversi passaggi del provvedimento il gip parla di “asservimento” della professione legale alle “vicende d’affari” di Basile e del “consapevole apporto” dei legali, senza i quali l’indagato chiave non sarebbe stato in grado di elaborare conteggi e tassi d’interesse e di inviare ingiunzioni di pagamento. Ma il ruolo dei legali andava anche oltre, secondo le denunce di alcune vittime. «In più circostanze mi ha minacciato dicendomi di pagare altrimenti mi avrebbero ridotto sul lastrico». L’”affaccendarsi” dell’avvocato finito ai domiciliari, in particolare, osserva il gip, nel farsi “strumento di un usuraio” emergerebbe anche da altre dichiarazioni: «…Tridico rispondeva che mio padre doveva fare ciò che gli diceva Basile altrimenti avrebbero messo all’asta il magazzino…». I debitori, a quanto pare, venivano ricevuti anche nello studio legale.

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