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Ecco perché per il Riesame reggono le accuse per l’ex consigliere regionale Sculco: «Gruppo strutturato su scala calabrese» grazie anche al «patto del Nozzularu»

CROTONE – «Un gruppo organizzato funzionale alla commissione di un numero indeterminato di delitti contro la Pubblica amministrazione su scala regionale, su iniziativa, per l’area di Crotone, dell’ex consigliere regionale Vincenzo Sculco anche grazie alla rappresentanza espressa attraverso la figlia Flora, consigliere regionale in carica». Così il Tribunale del riesame di Catanzaro, respingendo la richiesta dell’avvocato Mario Nigro, ha motivato la conferma degli arresti domiciliari per l’ex consigliere regionale Enzo Sculco, riconoscendo la gravità indiziaria per tutti i reati a lui contestati dal gip ma anche il presunto comitato d’affari operante in Calabria. Tanto più che l’indagato avrebbe agito «in collaborazione» con Giancarlo Devona, ex assessore ai Lavori pubblici del Comune di Crotone ed ex segretario particolare dell’ex governatore Mario Oliverio.

Sculco è la figura chiave, nel filone politico dell’inchiesta che nell’estate scorsa ha portato all’operazione Glicine Acheronte, condotta dalla Dda di Catanzaro, per la sua «attitudine a ingerirsi in settori nevralgici della pubblica amministrazione anche dietro sollecitazioni provenienti da ambienti criminosi», scrive il collegio presieduto da Emma Sonni. Ne è «testimonianza», sempre secondo il Riesame, il progetto Europaradiso, il megavillaggio turistico secondo gli inquirenti “sponsorizzato” dalla cosca Megna di Crotone attraverso il suo broker operante in Germania Salvatore Aracri ma anche dall’avvocato Domenico Grande Aracri, fratello di Nicolino, il capocrimine ergastolano di Cutro, che «sollecitavano» Sculco e Devona ad «accelerare l’iter burocratico presso l’ufficio tecnico comunale sebbene non rivestissero cariche politiche in loco».

LE CENE

Dall’aprile 2017 gli inquirenti censiscono tutta una serie di «incontri programmatici» a cui prendono parte, oltre a Sculco, Devona e Oliverio, anche l’ex assessore regionale Nicola Adamo e l’ex consigliere regionale Sebi Romeo. In uno di quegli incontri, Sculco annuncia l’intenzione di sostenere la figlia alle elezioni regionali lamentando la difficoltà a intercettare voti nelle zone periferiche di Crotone dove sarebbe invalsa la pratica, da parte di imprenditori buttatisi in politica, di investire considerevoli somme di denaro – dai 350mila euro ai 500mila euro – per accaparrarsi consensi. In una di queste riunioni, ricordano i giudici ,lo stesso Sculco riferisce di aver invitato l’avvocato Grande Aracri a «non frequentare il suo ufficio elettorale per non suscitare l’attenzione delle forze dell’ordine».

Secondo i giudici, sono «propalazioni che dimostrano profonda conoscenza e dimestichezza con realtà criminali anche di elevato spessore e pericolosità con le quali l’indagato si rapportava nella consapevolezza dell’apporto elettorale che avrebbero potuto fornire alla candidatura alla Regione Calabria della figlia Flora».

IL RIESAME CONFERMA LE ACCUSE A SCULCO: L’ASSE CROTONE-COSENZA

Nelle motivazioni Il Riesame valorizza anche il cosiddetto “patto del Nozzularu”. Dal nome di un ristorante sulla costa jonica catanzarese in cui si tenne la cena durante la quale, come riferirebbe la stessa Flora Sculco in una conversazione intercettata, sarebbe stato raggiunto un accordo tra politici crotonesi e cosentini. Accordo volto a sostenere politicamente la moglie di Adamo, la parlamentare Pd Enza Bruno Bossio, e a far eleggere la Sculco alla Regione.
«L’accordo comportava – rilevano i giudici del Riesame – la commissione di una serie indeterminata di reati funzionali ad accrescere il peso specifico elettorale attraverso il conferimento di incarichi fiduciari e l’ingerenza in nomine e assunzioni in enti pubblici, di natura esclusivamente clientelare, nell’ottica di assicurarsi il voto dei prescelti nonché di loro familiari ed amici, nonché tramite l’affidamento diretto di servizi e appalti a imprese compiacenti e disponibili a fornire appoggio elettorale».

MANI SUGLI ENTI E LEGAMI CON I CLAN

Non sfuggivano alle mire del presunto comitato d’affari il Comune di Crotone, dove Sculco si comportava da «manovratore occulto» dell’ex sindaco Ugo Pugliese, né la Provincia, né l’Asp, né l’Aterp. Da qui tutta una serie di ingerenze nelle attività della pubblica amministrazione, compreso il programma Antica Kroton, mediante l’anticipazione alle ditte amiche del contenuto dei progetti da presentare.

Riconosciuta l’aggravante mafiosa, in particolare, in relazione all’esternalizzazione dell’organizzazione della fiera della Madonna di Capocolonna, svoltasi nel settennale che coincideva con il 500esimo anniversario del ritrovamento dell’effige. Evento assegnato a La Rosa Fiere srl, unica società ad aver presentato la propria candidatura tra quelle interpellate, contrariamente a quanto avveniva in precedenza, quando i servizi erano appannaggio della società in house del Comune, Akrea.

Le intercettazioni, secondo gli inquirenti, forniranno l’esatta chiave di lettura di questa scelta, su cui giocheranno un ruolo Maurizio Del Poggetto, operaio di Akrea e presunto affiliato alla cosca Megna, e il cognato Giuseppe Pucci, ex consigliere comunale, con il «decisivo ausilio del solito Sculco»; inoltre, «i responsabili del Comune si adopereranno per il raggiungimento del risultato finale», è detto nelle carte dell’inchiesta con riferimento al coinvolgimento dell’ex assessora comunale alle Attività produttive Sabrina Gentile, tra gli indagati a piede libero. I giudici valorizzano non a caso l’intercettazione durante la quale Sculco, parlando di «Pucci il consigliere», afferma che «ha un cognato nella ‘ndrangheta».

IL RIESAME CONFERMA LE ACCUSE A SCULCO: VOTO DI SCAMBIO

Sembra reggere, scorrendo il provvedimento del Riesame, anche l’ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso in occasione delle elezioni regionali del 23 novembre 2014. Secondo l’accusa, Sculco avrebbe “interessato” Giuseppe Berardi, ex assessore comunale di Cirò Marina, e Roberto Siciliani, ex sindaco della cittadina jonica, entrambi condannati (anche in Appello) nel processo Stige, in virtù del «legame» tra Berardi e la cosca Farao e dell’”impegno” di Sculco, tramite il movimento dei Demokratici, ad appoggiare la candidatura di Siciliani a presidente della Provincia. Ma è appena il caso di ricordare che Siciliani non fu eletto, e che il gip esclude il voto di scambio. Le accuse traggono spunto dalle rivelazioni del pentito Francesco Farao, figlio di Giuseppe, capo storico della cosca cirotana.

Secondo i giudici, «le risultanze investigative plurime, univoche e convergenti sono ampiamente compendiate in atti». Sculco si sarebbe impegnato a sostenere anche l’ex sindaco di Cirò Marina, ed ex presidente della Provincia di Crotone, Nicodemo Parrilla, assolto però in Appello nel processo Stige, pur essendo il primo consapevole della «caratura criminosa» del secondo e del «contesto fortemente inquinato» dei suoi sostenitori, come emergerebbe dalle intercettazioni captate dopo l’operazione Stige.

Il RICORSO IN CASSAZIONE DELLA DIFESA

L’avvocato Nigro ha già presentato ricorso in Cassazione per carenza motivazionale, con riferimento anche alla mancata disamina dei documenti prodotti dalla difesa, e per insussistenza del pericolo di reiterazione dei reati, non ricoprendo Sculco incarichi pubblici.

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