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Il luogo dell'incidente di Giuseppe Strancia

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La sentenza della Cassazione sulla morte del giovane Giuseppe Strancia in un incidente stradale, respinto il ricorso della Procura: Rita Franzè assolta in via definitiva


CIRÒ MARINA – Diventa definitiva l’assoluzione per Rita Franzè, originariamente indicata come teste oculare e poi finita sotto accusa per omicidio colposo per la morte dello studente liceale Giuseppe Strancia, avvenuta il 25 giugno 2015 in un incidente stradale. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura generale. Viene confermata la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, che a sua volta ribadiva quella di primo grado in accoglimento della richiesta avanzata in aula dal pm Antonio Malena.

Il pm Malena si era attenuto alla ricostruzione originaria dei carabinieri e di due periti che evidenziavano che il sinistro fu autonomo; e aveva sostenuto che agli atti del processo non c’è alcun riscontro della presenza dell’auto Toyota “Yaris” della donna sul luogo dell’impatto. ma questa ricostruzione fu avversata dallo stesso procuratore di Crotone, Giuseppe Capoccia, che impugnò l’assoluzione.

I DUBBI E LE “INDAGINI” DEI GENITORI DEL GIOVANE

I dubbi nascevano dalla frase «Sposta ‘a machina». Un’intercettazione che era stata omessa nelle trascrizioni dei carabinieri della Compagnia di Cirò Marina relative a una chiamata al 118. Una frase che gettò nuova luce sulla vicenda dopo ben due richieste di archiviazione. La scoperta la fece il padre del ragazzo, Gianfranco Strancia, parte civile insieme alla moglie Teresa Calabrò. Decisiva, per il cambio di orientamento della Procura crotonese, che alla fine chiese il rinvio a giudizio dopo un’imputazione coatta disposta dal gip Michele Ciociola, fu proprio la perizia su alcune conversazioni intercettate, alcune delle quali, come eccepito dall’avvocato della famiglia Strancia, Giuseppe Tortora, non erano state riportate dai carabinieri.

Eppure da quelle conversazioni si desume che un’auto potrebbe essere stata spostata al fine di evitare eventuali responsabilità. Inoltre, osservava la parte civile, non sarebbe stata trascritta la frase «lo stai chiamando il 118 che ho fatto un incidente», che sarebbe stata pronunciata dalla conducente dell’auto mentre un’altra persona dava l’allarme. Secondo questa tesi, tra la moto “R125” Yamaha, guidata da Giuseppe, e l’auto con a bordo la Franzé che proveniva in senso opposto ci sarebbe stato un contatto.

LE ALTRE ASSOLUZIONI E LA TESI DELLA DIFESA SULL’INCIDENTE DI STRANCIA ACCOLTA DALLA CASSAZIONE

Il ragazzo stava rincasando, in sella alla sua moto, e indossava il casco quando perse il controllo del mezzo e finì a terra. I coniugi Strancia, come dei provetti detective, hanno scoperto che l’attacco alla carena dello specchietto della moto (lato sinistro) era rotto, osservando le foto scattate dagli stessi carabinieri e ingrandendole. Due militari sono finiti sotto accusa – ma il procedimento è stato archiviato – proprio per aver annotato che lo specchietto era integro, mentre in un altro troncone processuale è stato assolto un medico del 118.

La donna, difesa anche in Cassazione dagli avvocati Marcello Bombardiere e Mario Bombardiere, è la moglie del medico Giuseppe Bombardiere, ed è lui che chiamò dopo aver notato il giovane sbandare e cadere. Questo è il punto cardine della difesa, che ha retto in ogni grado di giudizio, anche di fronte agli ermellini: la donna chiama un medico perché i soccorsi siano rapidi quando ancora non sa cosa è successo realmente. Lo sfortunato giovane giungerà senza vita all’ospedale di Crotone dopo il viaggio in ambulanza.

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