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Il Centro d'accoglienza S. Anna

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Sentenza della Corte dei Conti sull’affaire Misericordia. condannati per danno erariale l’ex parroco di Isola Scordio e l’ex governatore Sacco


ISOLA CAPO RIZZUTO – Oltre 34 milioni di euro. A tanto ammonta il danno erariale che Leonardo Sacco, ex governatore della Misericordia di Isola Capo Rizzuto e vice di quella nazionale, e l’ex parroco Edoardo Scordio, già correttore spirituale della fraternità, sono stati condannati a pagare dopo aver lucrato per anni sul business dei migranti consentendo alla cosca Arena di infiltrarsi nella gestione del centro d’accoglienza S. Anna. La Corte dei Conti della Calabria, accogliendo in toto la richiesta della sostituta procuratrice Maria Gabriella Dodaro, ha deciso che Sacco e Scordio dovranno risarcire il ministero dell’Interno. In via sussidiaria, i giudici contabili hanno condannato la Confederazione nazionale della Misericordia al pagamento di 10 milioni e gli ex presidenti Roberto Trucchi e Gabriele Brunini al pagamento di altri 5 milioni.

«L’intero impianto accusatorio della Procura risulta confermato dall’attività di indagine della Guardia di Finanza», osserva la Corte presieduta da Luigi Cirillo (e composta, inoltre, da Carlo Efisio Marrè Brunenghi, referendario, e Guido Tarantelli, referendario relatore). Ai migranti pezzi di pollo schifoso. E i fondi destinati alla loro assistenza prendevano altre strade. Per finire nella bacinella del clan. E non solo.

L’INCHIESTA PENALE

L’inchiesta della magistratura contabile è parallela a quella della Dda di Catanzaro che nel maggio 2017 portò alla maxi operazione Jonny, con cui sarebbe stata fatta luce sui tentacoli della cosca Arena allungatisi su una delle strutture per migranti più grandi d’Europa tramite l’affaire Misericordia. Sul fronte penale, sarà necessario un processo d’appello bis, in quanto la Cassazione, in due distinti filoni processuali, ha annullato con rinvio la condanna a 8 anni e 8 mesi inflitta a Scordio per associazione mafiosa e quella a 20 anni per Sacco, ma limitatamente al suo ruolo di organizzatore della cosca. I giudici contabili rilevano che le sentenze penali, «lungi dall’escludere una responsabilità dei convenuti Sacco e Scordio», hanno accertato come «avessero operato attivamente a danno della Prefettura, incamerando, per il tramite della Misericordia (e della Confederazione, titolare del rapporto) somme per prestazioni inesistenti o inferiori (per qualità e quantità) a quelle dovute».

Le malversazioni, insomma, risultano essere avvenute 8anche se in parte prescritte). E la condanna per associazione mafiosa per Sacco (anche se va rivalutato il ruolo apicale) è passata in giudicato poiché, in veste di amministratore della fraternita, «aveva consentito di locupletare ingenti somme a danno della Prefettura per prestazioni non dovute, riversate nella “bacinella” della cosca».

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BACINELLA DEL CLAN

Quote rilevanti venivano, del resto, trasferite dai conti della Fraternita direttamente a Scordio ed a Sacco, o a enti o società da loro controllati, o a terzi che nulla avevano a che fare con l’attività di assistenza. Somme poi investite in acquisti immobiliari o usate per finanziare attività «del tutto estranee all’assistenza dei migranti». Il danno erariale deriva pertanto dai pagamenti effettuati dalla Prefettura alla Confederazione «in forza di fatture che venivano emesse da parte di alcuni fornitori per prestazioni non rese».

Del tutto ingiustificati i trasferimenti dai conti della Misericordia a Sacco e Scordio. Trasferimenti che avvenivano per non meglio precisati “prestiti” o erano utilizzati per pagare mutui per l’acquisto di immobili. Il meccanismo oleato era quello delle operazioni truffaldine e delle sovrafatturazioni. Operazioni «strumentali all’arricchimento di Scordio e Sacco e al finanziamento della “bacinella” ‘ndranghetistica».

GLI IDEATORI

Sacco e Scordio, dunque, anche secondo la magistratura contabile, «materialmente avevano ideato e messo in atto l’accordo fraudolento volto ad appropriarsi indebitamente di parte ingente delle risorse destinate alla cura dei migranti – tramite fatturazione di prestazioni inesistenti o parziali – per il per-seguimento di fini privati diversi da quelli ai quali erano destinate, tramite la Fraternita di Misericordia, della quale Scordio era amministratore di diritto (Governatore) l’altro di fatto». Già. Perché è emerso che l’ex parroco «agiva come se la Fraternita fosse nella sua disponibilità, disponendo i subappalti alle ditte e trasferendo a sé o ad enti da lui controllati buona parte dei “corrispettivi” indebitamente ottenuti grazie all’Ente».

Ma i giudici stigmatizzano anche la condotta della Confederazione nazionale aggiudicataria dell’appalto, senza il cui tramite non si sarebbe potuta realizzare l’operazione). L’ente era il beneficiario dei compensi per l’assistenza ai migranti, che dai conti correnti della Fraternita venivano non solo trasferiti a terzi senza titolo, ma anche da essa utilizzati «per suoi fini». Ovvero, pagamenti di mutui o attività “sociali” in senso lato e quindi «funzionali allo scopo associativo, ma non alla cura dei migranti». 

 L’INCHIESTA CONTABILE

 Nel mirino della Procura contabile erano finiti i contratti di subappalto inerenti il servizio di catering per la fornitura di pasti presso il centro di accoglienza sottoscritti con La Vecchia Locanda s.r.l. e con Il Quadrifoglio s.n.c. e le false fatturazioni con cui sarebbero state distratte ingenti somme. «Egualmente grave ed evidente – sempre secondo la ricostruzione della Procura presso la CdC regionale – è la responsabilità della Confederazione e dei suoi ex presidenti e legali rappresentanti» (Trucchi dal marzo 2011 al 2015, Brunini dall’ottobre 2007 al marzo 2011) per la «gestione gravemente colposa del denaro pubblico e dei servizi pubblici ad essa demandati dalla Prefettura di Crotone».

Colpa grave che consisterebbe nella «negligenza reiterata nel corso degli anni e, in particolare, nell’omessa presentazione della rendicontazione prevista peraltro dall’art. 21 della convenzione del 2012 e delle analoghe rendicontazioni previste nelle precedenti convenzioni e nell’omesso controllo sui servizi espletati dalla Misericordia e sulla contabilità, nonché sull’utilizzo delle risorse pubbliche da parte della Misericordia». Insomma, i fondi destinati ai migranti imboccavano le vie infinite della Misericordia.

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