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CROTONE – Incastrati i predatori dei patrimoni storici e culturali della Calabria. I reperti archeologici erano destinati al mercato del nord Europa. All’alba di oggi, nell’ambito dell’inchiesta “Achei” della procura di Crotone e dei carabinieri del Comando di Cosenza per la tutela del patrimonio culturale, sono scattate 23 misure di custodia cautelare: in due sono finiti in carcere. Ventuno agli arresti domiciliari: Crotone (13), Milano (2), Perugia (2), Catanzaro (1), Benevento (1), Fermo (1).

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Sono tutti accusati di danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, ricettazione ed esportazione illecita. Ottanta le persone iscritte nel registro degli indagati.

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Eseguite perquisizioni in diverse località italiane (Crotone, Bari, Benenvento, Bolzano, Caserta, Catania, Catanzaro, Cosenza, Ferrara, Frosinone, Latina, Matera, Milano, Perugia, Potenza, Ravenna, Reggio Calabria, Roma, Siena, Terni e Viterbo) e in quattro stati europei (Francia, Germania, Inghilterra e Serbia).

Oltre 350 gli uomini dell’Arma impiegati, che hanno operato in territorio italiano ed estero, congiuntamente agli investigatori della Metropolitan Police di Londra, della Polizia criminale del Baden Wùrttemberg, dell’Ufficio Centrale di Polizia francese per la lotta al traffico internazionale di Beni culturali e del Servizio Serbo per la lotta alla criminalità organizzata.

Una vera e propria organizzazione criminale che ha saccheggiato il patrimonio storico calabrese e commercializzato una serie di reperti archeologici in tutta Italia e all’estero.

Quella che i magistrati definiscono “Criminalità Archeologica Crotonese”, era radicata nella provincia di Crotone (prevalentemente nel territorio di Isola di Capo Rizzuto) ed era capace di alimentare i bilanci di interi nuclei familiari. Una struttura piramidale in cui i ruoli di ciascuno erano ben definiti.

La misura cautelare emessa a conclusione dell’attività investigativa è stata avviata nel maggio del 2017 e conclusa nel luglio del 2018. L’inchiesta ha preso il via da una serie di accertamenti di iniziativa conseguenti ad alcune acquisizioni info investigative, a seguito delle quali veniva riscontrata la presenza di numerosi scavi clandestini all’interno di varie aree archeologiche.

Per gli investigatori ai vertice dell’organizzazione criminale c’erano Giorgio Salvatore Pucci, 59 anni di Cirò Marina, e Alessandro Giovinazzi, 30 anni di Scandale, entrambi cultori di archeologia e conoscitori dei luoghi in cui reperire materiale archeologico da introdurre illecitamente sul mercato. Costoro sono stati costantemente impegnati nell’attività di ricerca clandestina di reperti e stabilmente tra loro collegati nel circuito di commercializzazione degli stessi. Gli scavi clandestini sono stati effettuati, prevalentemente, nel Crotonese.

Le indagini sono scattate a seguito di segnalazioni e denunce, che hanno poi trovato riscontro nei successivi approfondimenti dei carabinieri e di forze di polizia dei Paesi esteri.

L’attività investigativa dei carabinieri del Nucleo carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza è riuscita a ricostruire un rilevante traffico – a livello nazionale ed internazionale – di reperti archeologici rinvenuti attraverso l’esecuzione di scavi clandestini anche nei siti archeologici di “Apollo Aleo” di Cirò Marina, di Capo Colonna, di “Castiglione di Paludi” nel Comune di Paludi, nel Cosentino (che, seppur non soggetta a vincolo, riveste un indiscutibile interesse archeologico), nell’area di Cerasello ed in tante altre aree private dislocate nel territorio della provincia di Crotone e Cosenza.

Proprio il parco archeologico cosentino, per via della sua bellezza ed importanza storica, è da sempre preda di ricerche clandestine di reperti archeologici del suo sottosuolo. Il Nucleo Carabinieri TPC di Cosenza, dalla sua istituzione, ha ricevuto costanti e frequenti segnalazioni degli scavi abusivi. L’ultima segnalazione risale al 22.01.2018 con la quale la Soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le Province di Catanzaro, Cosenza e Crotone comunicava la presenze di “alcune buche rinvenute in prossimità dei resti archeologici, probabile testimonianza dell’intrusione di scavatori clandestini”.

Il monitoraggio delle aree archeologiche eseguito nel corso delle indagini ha evidenziato il sistema di saccheggi posti in essere, da anni, da un gruppo di tombaroli che, agendo nell’ambito di una organizzazione criminale con specifica ripartizione di ruoli e servendosi di tale struttura, ha fornito materiale archeologico al mercato clandestino da destinare alla commercializzazione in Italia ed all’estero per il tramite di una fitta e complessa rete di ricettazioni, con ciò delineando una articolata organizzazione costituita da tombaroli, intermediari e ricettatori che, per qualità e quantità di illeciti commessi nonché per caratteristiche strutturali ed organizzative, rappresenta un vero e proprio fenomeno criminale.

I componenti del gruppo utilizzavano un linguaggio criptico (“appartamenti”, “asparagi”, “motosega”) per eludere eventuali indagini e avevano in dotazione sofisticati strumenti elettronici per la ricerca dei metalli nel sottosuolo (facevano spesso ricorso all’impiego del minilab, tra i cercametalli più potenti in vendita).

In una circostanza l’attività di scavo è stata interrotta dall’intervento dei Carabinieri della Compagnia di Crotone (su input dei colleghi del Nucleo Carabinieri TPC di Cosenza), che ha sorpreso in flagranza di reato alcuni membri dell’organizzazione. Significative, infatti, sono le immagini realizzzate, mediante l’utlilzzo di un drone, che testimoniano la violenza con cui un’area di interesse archeologico il gruppo criminale ha operato degli scavi clandestini, con pietoso violenza, scagliando colpi al suolo attraverso l’utilizzo di un escavatore, nell’ingordo intento di sottrarre quanto di più prezioso il sottosuolo ancora custodiva.

Valida è risultata essere la piena collaborazione con la Sovrintendenza archeologica delle province di Catanzaro, Cosenza e Crotone, che ha fornito in ogni fase un fattivo contribuito nelle specifiche competenze.
Nel corso dell’attività investigativa sono stati recuperati diversi reperti archeologici risalenti al IV e al III sec. a.C. rinvenuti nella disponibilità di uno dei capi dell’organizzazione, quali: 5 vasi e lucerne in terracotta, piatti con scene di animali, fibule e monili vari, nonchè sono stati sequestrati i mezzi meccanici e le attrezzature tecniche utilizzati rispettivamente per le escavazioni del terreno e per le ricerche archeologiche clandestine.
L’operazione “Achei” costituisce un importante segnale di risposta dello Stato al radicato fenomeno criminale del traffico illecito di reperti archeologici che vede nei Paesi del nord Europa, e non solo, i principali destinatari di beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale. La Calabria, particolarmente ricca di vestigia del passato, è oggetto di incessante e intenso fenomeno di razzia di reperti che alimentano il mercato clandestino dei beni d’arte. Fondamentale in tal senso, è stata l’attività di cooperazione internazionale giudiziaria e di polizia che ha permesso di ricostruire l’intera filiera criminale del traffico, anche oltre i confini nazionale.

Il commento del Ministro Franceschini

Soddisfazione è stata espressa dal ministro per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, Dario Franceschini: «Grazie a sofisticate tecniche investigative e alla collaborazione di Europol e delle forze di polizia estere competenti, in Italia, Francia, Regno Unito, Germania e Serbia, il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ha condotto a termine con successo una vasta operazione di contrasto al traffico illecito di reperti archeologici dalla Calabria al Nord Italia e verso l’estero recuperando migliaia di beni e sequestrando materiali utilizzati per gli scavi clandestini. Un’operazione che dimostra ancora una volta l’eccellenza del Comando dei Carabinieri che opera dal 1969 a difesa del patrimonio culturale italiano. A loro, alla Procura di Crotone che ha diretto le indagini e a tutti i soggetti che vi hanno partecipato va il plauso del governo italiano».

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