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Un video clip di "Figli da gente"

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CIRÒ MARINA (CROTONE) – Alla fine, dopo il clamore mediatico suscitato dal servizio del Quotidiano che ha “smascherato” il brano “Figli da gente”, hit del cantante neomelodico cirotano Tony Lena (LEGGI) simpatizzante con disvalori legati al mondo criminale, il videoclip che aveva totalizzato oltre 70mila visualizzazioni è stato cancellato da You Tube e il film in lavorazione del quale il brano anticipava l’uscita non si farà più.

Le riprese in programma ieri sul set di Cirò Marina, dove sono anche ambientate scene del video, sono state annullate.

Pentimento o una scelta di opportunità dopo che il sindaco di Cirò Marina, Sergio Ferrari, che si è pure beccato ingiurie via social, aveva stigmatizzato i contenuti del brano e dopo che la senatrice Margherita Corrado aveva annunciato approfondimenti da parte della Commissione parlamentare antimafia? Difficile dirlo, tanto più che in un post su Facebook il 24enne artista cirotano ringrazia chi gli è stato vicino in questo «brutto incubo» ma anche chi lo ha «discriminato senza conoscerlo». Perché «chi mi conosce sa la mia bontà e la mia onestà», scrive ancora, e l’equivoco sarebbe nato da un errore di interpretazione.

In un suo testo pubblicato dal sito “il Cirotano” lo stesso Tony Lena annuncia la cancellazione del brano da You Tube e chiede scusa al sindaco e soprattutto alla città sostenendo che il Sud non è soltanto «delinquenza» e che questo, in realtà, era il messaggio che intendeva lanciare. Difficile intravederlo mentre tra i vicoli e il litorale di Cirò Marina spuntano pistole e scene di spaccio e scatta un blitz della polizia e lui canta “Chi fa chesta vita già ‘o ssape ca se fa ‘nu sbaglio perde ‘a libertà”.

I “figli da gente” sono, infatti, quelli che “rischiano ‘a vita ppe chesta città, chi ha perso ‘nu pate, chi aspetta nu frate ca sta carcerato e vo turnà ad abbraccià”. C’è pure un inno al Welfare delle mafie che aiutano chi non ce la fa a sbarcare il lunario. “Damme ‘na mano a chi nun riesce a campà”. Ma c’è anche la sofferenza del detenuto, leit motiv del genere. “Chi nun sa ridiri, chi ‘a notte non duorme  ‘ccu chella paura ca so vanno a piglia”.

A parte la regia di Eugenio Gentile, il testo e la musica di Moschetto e Mezzo, colpisce che l’autore del mixaggio sia Giacomo Curto, una vecchia conoscenza del famigerato genere. E’ lo stesso  di “Pp’è guagliune e l’Aemilia” di Gianni Live, che sempre il Quotidiano smascherò all’indomani della pubblicazione su You Tube, quando aveva appena 100 visualizzazioni, e che dopo l’uscita di un articolo su queste colonne dovette annullare una serie di serate in Emilia.

La differenza è che Gianni Live, che forse pensava di aver realizzato un brano strappa clic considerato il vasto bacino d’utenza rappresentato dal potenziale pubblico dei familiari degli imputati del processo più grande contro le mafie al Nord, quello appunto denominato Aemilia, conclusosi con condanne per oltre mille secoli di reclusione contro la cellula emiliana della cosca di Cutro, ammise di aver fatto la più grande sciocchezza della sua vita e annunciò che da quel momento avrebbe cantato soltanto canzoni d’amore.

Analogamente, Cirò Marina è la casa madre di un’altra super cosca sepolta da condanne per un millennio di carcere nel processo Stige. Ma le canzoni che strizzano l’occhio ai clan non sono una novità, nel genere neomelodico, così come di stornelli sui carcerati è piena la mala musica anche in Calabria. 

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