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Il sequestro di un bene (foto archivio)

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CUTRO (CROTONE) – Andava e veniva dalla Germania per comprare auto di grossa cilindrata, il suo tenore di vita si era improvvisamente elevato forse perché a lui faceva capo un “fatturificio” che avrebbe fruttato 2,5 milioni di euro: Domenico Gerace, ritenuto contiguo alla ‘ndrangheta di matrice cutrese stanziata in Emilia ma anche al vertice di un giro vorticoso di fatture per operazioni inesistenti, sarebbe stato il dominus di una serie di società cartiere che tra il 2016 e il 2019 avrebbero emesso fatture false per circa 10 milioni. Creare crediti fittizi attraverso bilanci e documenti falsi, questo era l’obiettivo. Per questo i finanzieri e i carabinieri di Reggio Emilia hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo e un decreto di perquisizione: undici le persone indagate, in molti casi calabresi emigrati e collegati ai clan di ‘ndrangheta.

Operazione Chrysalis, l’hanno chiamata. L’inchiesta, coordinata dal procuratore Gaetano Calogero Paci, muove da accertamenti svolti sul conto di un nucleo familiare che controllava una serie di società intestate fittiziamente a prestanome, non solo calabresi, ma di fatto gestite da Gerace. L’ oggetto sociale dichiarato consisteva in lavori edili e di meccanica e commercio di autovetture.

“Noi siamo commercianti”, diceva Gerace quando si presentava nelle concessionarie per acquistare autovetture di pregio. Eppure le società a lui riconducibili non avevano sedi autonome né mezzi operativi. Non disponevano di garage né macchinari e gli indirizzi corrispondevano a condomini e abitazioni civili. Eppure ricevevano quotidianamente numerosi bonifici che venivano prelevati in contanti presso vari uffici postali, per essere poi restituiti ai disponenti il bonifico. Netta era la sproporzione tra fatture ricevute ed emesse e i bonifici venivano disposti con causali generiche e slegate dall’oggetto sociale. “Saldo lavori”. E subito dopo i bonifici in entrata, secondo il tipico modus operandi delle “cartiere”, prelievi a raffica negli uffici postali emiliani. A riscontro del giroposta, gli inquirenti hanno sequestrato denaro contante e saldo sul conto corrente di due società cartiere, per circa 70mila euro.

Gli sviluppi investigativi hanno consentito di fare luce su sei società cartiere. Le società erano costituite al solo scopo di emettere fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, al fine di consentire ai beneficiari l’evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva. Cinque le società sequestrate, con sedi legali nelle province di Reggio Emilia e Parma. Al termine delle attività d’indagine, è stato appurato come due tra le società coinvolte abbiano utilizzato, nelle rispettive dichiarazioni annuali ai fini dell’Iva e delle Imposte dirette, fatture per operazioni inesistenti ricevute dalle società cartiere per oltre 10 milioni, mentre ulteriori tre società hanno omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi, procurandosi un profitto illecito totale quantificato in circa 2,5 milioni, somma pari all’importo del sequestro “per equivalente”.

Gli indagati sono: Domenico Gerace, di 51 anni, di Cadelbosco di Sopra; Mario Mazzotti (64), di Reggio Emilia; Pietro Bongiovì (65), di Sciacca; Pasquale Voce (44), di Isola Capo Rizzuto; Umberto Viscomi (60), di Botricello; Salvino Pasquale Concas (66), di Reggio Emilia; Giuseppe Foderaro (71), di Reggio Emilia; Salvatore Foderaro (52), di Reggio Emilia; Alberto Foderaro (41), di Reggio Emilia; Massimo Graziano (50), di Reggio Emilia; Debora Pinna (37), di Reggio Emilia. a. a.

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