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Il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto sul luogo del naufragio dei migranti

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CUTRO (CROTONE) – Chissà. Forse se l’avesse intervistato un giornalista calabrese gli avrebbe fatto presente che i superstiti del naufragio avvenuto il 26 febbraio scorso a Steccato di Cutro sono andati quasi tutti via da Crotone. Via dall’Italia, in gran parte. E che la proposta di un provvedimento, che il governatore Occhiuto porterà in Giunta domani, per «offrire la possibilità per i sopravvissuti di Cutro di essere assunti nelle imprese edilizie», come ha detto al Corriere della Sera, avrebbe avuto senso farla un po’ prima.

Che l’Italia, non Crotone, sia una meta di passaggio, è risaputo. Tant’è che le Procure, nei territori crocevia dell’immigrazione come quelli calabresi, chiedono l’incidente probatorio per cristallizzare le dichiarazioni dei passeggeri delle varie carrette del mare per incastrare gli scafisti. Lo ha fatto anche la Procura di Crotone nell’ambito delle indagini sul tragico naufragio. Perché, subito dopo essere sbarcati, i migranti raggiungono le mete dell’esodo, spesso nel Nord Europa. Alcuni testi erano già irreperibili e non è riuscita a rintracciarli neanche la polizia giudiziaria. Venerdì scorso con un charter diretto ad Amburgo sono partiti gli ultimi 32 superstiti che erano rimasti in Italia, e in Germania perfezioneranno l’iter per l’ottenimento dello status di rifugiato. O, meglio, sono rimasti ancora (fonte Prefettura di Crotone) uno ancora bisognoso di cure mediche, un altro ha manifestato l’intenzione di raggiungere i parenti in Irlanda e due saranno accolti nella rete Sai.

Dalla coop Agorà, capofila di due progetti Sai, il Quotidiano apprende che sono undici le persone accolte. Perfino alcune salme saranno espatriate e a Cutro verranno inumate con rito musulmano quelle non ancora identificate. «La Regione con le sue risorse della Formazione preparerà queste persone al nuovo lavoro – ha detto ancora nella sua intervista il presidente della Regione Calabria – Persino in una regione dall’alto tasso di disoccupazione come la Calabria, in alcune mansioni gli immigrati possono essere un’opportunità». Se non fosse aria fritta, Occhiuto dovrebbe rintracciare gli scampati alla tragedia sparsi per il mondo (la polizia scientifica potrebbe fornirgli i numeri di cellulare, se non li hanno cambiati) per farli tornare in Calabria e offrirgli, stando al suo ragionamento, i lavori che i calabresi non vogliono più fare. Stando sempre al suo ragionamento, dopo che l’Italia ha lasciato morire i loro familiari e i loro sventurati compagni di viaggio, secondo molti omettendo i soccorsi in mare e comunque arrivando tre ore dopo sul luogo della tragedia, i sopravvissuti che si sono aggrappati a pezzi di legno del barcone schiantatosi contro la secca e hanno trascorso tre ore nelle acque gelide, durante quella tragica alba, sognano di tornare in Calabria per fare lavori di bassa manovalanza con contratti precari.

Magari se Occhiuto ci avesse pensato qualche settimana prima, sarebbe stato tutto meno farraginoso. Magari qualcuno dei superstiti avrebbe anche accettato. A meno che non sia una trovata mediatica. Ma noi lo scopriremo soltanto vivendo. I superstiti sono sopravvissuti già a un incubo riuscito.

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