X
<
>

Elly Schlein

Condividi:
4 minuti per la lettura

L’intervista alla segretaria del Pd, Elly Schlein che dichiara: “Non chiamatelo decreto Cutro” un provvedimento che non contempla l’accoglienza.


CUTRO – «Non chiamatelo decreto Cutro», la segretaria del Pd, Schlein, non ci sta ad associare la parola Cutro a un decreto che prevede politiche inumane, che non prevede l’accoglienza. Lo dice in un’intervista al Quotidiano del Sud, dopo aver abbracciato i pescatori della frazione Steccato. Un borgo di pescatori che ha vissuto il dramma in prima linea. La ferita ancora sanguina, le voci sono rotte dall’emozione. Sono quelli che recuperarono corpi senza vita in acqua, che portarono cibo e coperte ai superstiti che avevano negli occhi l’incubo.

Lei ha incontrato i pescatori di Steccato di Cutro, esempio di coesione e solidarietà sottolineato da Mattarella nel discorso di Capodanno. Ma la parola Cutro è legata per sempre a un decreto che contiene un pacchetto di misure repressive e securitarie. In Italia e in Europa cosa propone il Pd?

«Abbiamo voluto tornare a Cutro, ad un anno dalla strage, per portare di nuovo il nostro omaggio alle vittime, a quei 94 morti di cui un terzo erano bambini. La ferita è ancora aperta e il trauma è ancora vivo soprattutto negli occhi di quei pescatori e di quegli uomini della protezione civile che hanno recuperato i corpi. Quella comunità non può essere abbandonata dopo quello che ha vissuto. Serve supporto psicologico, servono risposte, serve soprattutto una politica diversa per evitare che altre stragi continuino ad accadere. Anche per questo abbiamo aderito al corteo della Rete 26 febbraio, per portare la nostra solidarietà, ma anche tutta la nostra vicinanza e il nostro supporto concreto ai familiari delle vittime che aspettano ancora, dopo un anno, risposte e che vedono come gli impegni, che il governo aveva preso, non siano ancora rispettati, né sui ricongiungimenti né sui permessi. Mi rifiuto di chiamarlo “Cutro”, lo dico sempre, perché ci vuole più rispetto per quei morti. Io lo chiamo “decreto Meloni” e come il precedente “decreto Salvini” è un decreto che vuole aumentare la situazione di irregolarità smantellando l’accoglienza diffusa».

L’impatto delle misure legislative introdotte dopo il tragico naufragio di Cutro è anche su minori e famiglie, per esempio la norma prevede la possibilità di accogliere minori di età non inferiore a 16 anni in strutture per adulti. Qui vicino c’è il Cara S. Anna, struttura per migranti tra le più grandi d’Europa, che in passato è arrivata a ospitare anche 200 minori. Le proposte del Pd?

«Servono vie legali sicure e alternative per l’accesso all’Unione europea, ai suoi Paesi e anche all’Italia. Persone che scappano da guerre, discriminazioni e torture, in questo momento, non hanno delle vie legali attraverso cui venire in Europa per chiedere la protezione internazionale. E questo è un altro grande problema. Si possono immaginare piani di reinsediamento come si possono immaginare visti umanitari, come aveva chiesto il Parlamento europeo in passato. Corridoi umanitari, come quelli che alcune reti della comunità di Sant’Egidio e delle Chiese evangeliche valdesi sono riuscite a mettere in campo, danno un esempio ai governi che invece continuano a voltare la testa dall’altra parte».

I tentacoli della ‘ndrangheta si sono spesso allungati sull’accoglienza. Il precedente ente gestore del Cara, Misericordia, è stato travolto da un’inchiesta e i vertici sono stati condannati. Un’interdittiva antimafia è stata emessa di recente nei confronti della Prociv-Arci di Isola Capo Rizzuto che si era aggiudicata il nuovo appalto. Forse sono le strutture dai grandi numeri a stuzzicare gli appetiti dei clan. Cosa si può fare per contrastarli?

«La situazione dell’accoglienza diffusa è messa a repentaglio dal “decreto Cutro”. L’accoglienza diffusa che è l’unica che ha dimostrato di coinvolgere pienamente i sindaci e le comunità locali, di prevedere la trasparenza dei bandi e dei fondi per la gestione dell’accoglienza con servizi adeguati e con piccole soluzioni abitative che sono preferibili, perché nei grandi centri spariscono i diritti e si infila spesso l’interesse economico e, a volte, quello criminale. Ero stata in visita, da europarlamentare, a Isola Capo Rizzuto e mi ero resa conto delle storture che avevamo denunciato con forza. Poi sappiamo che sono arrivate anche le inchieste. Oggi la destra dimostra di non aver imparato nulla da quegli errori e di voler tornare sulla strada dei grandi centri dove è più difficile fare i controlli, dove spariscono le individualità ed è più difficile fare percorsi di inclusione sociale. Noi pensiamo, invece, che l’accoglienza diffusa sia l’unico buon modello di accoglienza di cui l’Italia dovrebbe essere fiera perché la studiano anche da altri Paesi europei».

L’inchiesta sulle omissioni nei soccorsi non è ancora conclusa. Provenzano, sollecitando le dimissioni di Piantedosi nell’immediatezza del naufragio, chiedeva di indagare il Governo per strage colposa per il famigerato buco di sei ore. Questa è ancora la posizione del Pd?

«Queste persone chiedono verità e giustizia e noi lo chiediamo con loro; è assurdo, da un anno facciamo la stessa domanda. Abbiamo chiesto perché non sono usciti i mezzi più attrezzati della Guardia costiera che, forse, avrebbero potuto evitare la strage. Dopo un anno ancora non abbiamo risposte. Lavorerà la magistratura, però io un anno fa questa domanda l’avevo fatta al governo e al ministro Piantedosi. Continueremo ad insistere per politiche diverse, per prevenire altre stragi, anzitutto con una missione europea di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, una Mare nostrum europea».

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE