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Il procuratore Guido premiato dal presidente Mesoraca

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Il racconto del procuratore Paolo Guido che ha braccato e infine arrestato il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro

CUTRO – Entrambi magistrati, entrambi calabresi – uno di Cutro e l’altro di Acri – entrambi impegnati in primissima linea contro l’intreccio tra mafia ed istituzioni.

C’è un’analogia tra Diego Tajani – magistrato, avvocato, statista, che nel corso della sua attività parlamentare si distinse anche per il discorso che fece contro la mafia l’11 giugno del 1875, quando per la prima volta in un’aula parlamentare mise in evidenza la collusione tra alcuni settori delle istituzioni e le organizzazioni criminali – e Paolo Guido – coordinatore unico della Dda di Palermo, che dal 2017 ha diretto le indagini che hanno portato, il 16 gennaio scorso, all’arresto del boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, considerato il ricercato più pericoloso in Italia e tra i più pericolosi al mondo, dopo una latitanza durata 30 anni.

Guido è il vincitore, per la sezione Legalità, del premio “Diego Tajani” 2023. «Mi sono sempre limitato a svolgere un ruolo di coordinamento, a mediare, a fare delle scelte – ha detto durante l’evento, intervistato dal giornalista del Quotidiano del Sud Antonio Anastasi – credo, però, che nei risultati che sono arrivati nella lotta di contrasto a Cosa Nostra lo Stato c’è stato. La cattura di Messina Denaro arriva alla fine di un percorso, fatto da capacità che lo Stato ha avuto di chiudere in un angolo un latitante, a costringerlo a commettere degli errori, e alla fine ad arrestarlo. E’ stata una grande operazione di polizia giudiziaria, ma è stato anche il termine finale di un’azione di contrasto che dura da diversi anni e che ci ha consentito di dare dei durissimi colpi alle associazioni mafiose. L’arresto del 16 gennaio è stato anche un momento simbolico, l’arresto dell’ultimo corleonese, l’ultimo stragista libero, protagonista di una stagione che non si è ripetuta, ma che in quegli anni ha messo in ginocchio lo Stato».

«Adesso i termini si sono invertiti – ha proseguito Paolo Guido – lo Stato ha messo in ginocchio Cosa Nostra poiché è svanito l’ultimo mito dell’impossibilità di catturarlo, ed è un mito che alimenta tante generazioni, di chi vive in un sottobosco dove è molto facile attingere, dove se ne arrestano dieci ma ce ne sono cento pronti a prenderne il posto. Bisogna partire dall’arresto di Messina Denaro: non pensiamo ai trent’anni di latitanza, alle coperture istituzionali. Pensiamo a ciò che sarà: ci sarà uno Stato, una comunità senza Messina Denaro e tutto ciò che rappresenta, ci sarà ancora la mafia, non la si sconfigge in un’aula di giustizia o in una caserma dei Carabinieri, ma la si sconfigge con una lotta diversa che riguarda tanti aspetti della vita sociale, l’unità, la scuola. Dobbiamo partire dal fatto che lo Stato sta vincendo: come diceva Falcone, la mafia è un fenomeno umano che può esser sconfitto, ma dipende da noi. Dobbiamo capire cosa deve succedere adesso, e partiamo dal successo, perchè il 16 gennaio lo Stato ha vinto».

C’è stato un filo che ha legato Matteo Messina Denaro con la Calabria: il boss – nell’ultimo periodo della latitanza – si sarebbe nascosto in Calabria, oltre al fatto della condivisione del progetto stragista tra Cosa Nostra e ‘Ndrangheta – su cui ha fatto luce un processo a Reggio Calabria.

«Sono orgoglio del lavoro che i colleghi stanno svolgendo a Reggio Calabria – ha detto Guido – un lavoro difficile, che sta portando a delle ricostruzioni importanti per capire cos’è successo in una fase in cui lo Stato era in ginocchio. ‘Ndrangheta e Cosa Nostra fanno parte della storia del nostro Paese: noi viviamo questa caratteristica antropologica, la nostra Storia si confonde con la storia delle grandi associazioni criminali. A Palermo si è celebrato il più grande processo contro un’associazione criminale al mondo (il Maxiprocesso n.d.r.): abbiamo questi tristi primati, purtroppo l’Italia è fatta anche di questo. Mafia e ‘Ndrangheta, come Mafia e Camorra, come ‘Ndrangheta e Camorra hanno sempre avuto rapporti – secondo le indagini processuali – progetti comuni. E questo è uno di quei problemi che vanno sondati perchè l’economia ha un aspetto importante rispetto ad anni fa. Anche questo, nella geografia criminale, nel gioco delle alleanze, ha il suo peso; ma noi continuiamo a fare il nostro lavoro, osserviamo un fenomeno e, quando possiamo, interveniamo».

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