X
<
>

Pier Paolo Pasolini (al centro) incontra i giovani di Cutro

Share
7 minuti per la lettura

Pubblicati in un libro gli atti del convegno di Acri sul rapporto di Pasolini con la Calabria. Dai “banditi” di Cutro alla “profezia”


Riso al burro. Filetto alla griglia. Macedonia di frutta. Totale: 1640 lire. Un pranzo da sportivo per uno scrittore corsaro. La solitudine ha buone gambe. E quindi anche il pranzo doveva essere equilibrato per chi svolgeva un’intensa attività fisica, che procedeva spedita, con lo stesso passo veloce delle demistificazioni culturali a cui era improntata l’attività intellettuale. Ci dice qualcosa su Pierpaolo Pasolini anche cosa mangiò a Crotone il giorno della sua premiazione.

PASOLINI E LA CALABRIA

Era il 7 novembre 1959. Quel giorno gli sarebbe stato consegnato, dalla giuria presieduta da Giacomo Debenedetti, il Premio Crotone per il romanzo “Una vita violenta”, escluso dal Premio Viareggio e dal Premio Strega. C’è anche la ricevuta del ristorante “Girarrosto” tra i documenti che impreziosiscono il volume “Pasolini e la Calabria”. Il libro, a cura di Carlo Fanelli, professore di Storia del teatro all’UniCal, raccoglie gli atti del convegno che si tenne ad Acri nel marzo 2023, nell’ambito delle celebrazioni del centenario della nascita dello scrittore corsaro.

Ma anche il 2025 è un anno pasoliniano perché siamo a 50 anni dalla morte. E può essere molto utile leggere i saggi contenuti nel volume, edito da Pellegrini, perché forniscono un apporto originale e privo di retorica per approfondire il rapporto che Pasolini intrecciò con la Calabria. Un rapporto che molti scoprono oggi ma che ha radici profonde.

L’ATTUALITÀ DEL PENSIERO DI PASOLINI

La prospettiva majakovskiana, secondo cui il poeta deve parlare quando il politico tace, e la vocazione a reintegrare il sacro in un mondo dominato dal consumismo, hanno molto a che fare anche con la relazione intessuta dal poeta, regista e scrittore con la Calabria. Dall’ossessione che lo porta a Cutro, il “paese dei banditi”, al suo capolavoro, il film “Il Vangelo secondo Matteo”, girato con attori non professionisti, presi dalla strada. Sono le tracce più importanti dei «passaggi di questo gigante per le terre desolate e desolanti della Calabria negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento», come scrive il professor Fanelli. Tracce che denotano la «costante attualità» del pensiero pasoliniano.

I BANDITI

Quando Pasolini arrivò a Crotone per ricevere il Premio, ancora imperversava la querelle sui “banditi” innescata dal reportage “La lunga strada di sabbia”. Da Ventimiglia a Palmi, al volante di un’auto Fiat “1100”, Pasolini viaggiava per raccontare sulla rivista milanese “Successo” le contraddizioni dell’Italia agli albori del boom. Nel 1959 giunse a Cutro, il luogo che più lo impressionò nel suo lungo viaggio.

«È, veramente, il paese dei banditi, come si vede in certi western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, o, se non dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello», scrisse. A queste parole l’allora sindaco di Cutro, Vincenzo Mancuso, rispose con una denuncia per diffamazione. «La reputazione, l’onore, il decoro, la dignità delle laboriose popolazioni di Cutro sono stati evidentemente e gravemente calpestati».

La querela venne ritirata in seguito all’articolo riparatore pubblicato su Paese sera. «Ho fatto come lo struzzo, non ho voluto saperne di più». Ma ulteriori chiarimenti Pasolini li fornì quando incontrò a Cutro un gruppo di giovani intellettuali ai quali precisò che per “banditi” intendeva “emarginati dai diritti civili”. Banditi dalla società per colpa dei governi nazionali.

IL PREMIO CROTONE A PASOLINI

Importante, dal punto di vista documentale, il contributo dello studioso crotonese Christian Palmieri, autore, insieme a Gaetano Leonardi, di un libro sul Premio Crotone corredato da una serie di foto che sono state riproposte nel volume degli Atti del convegno, compresa quella che ritrae Gadda e Pasolini sugli scogli con lo sguardo immerso nel mare di Capocolonna. Il mare Jonio “seducente” di cui Pasolini parlava nel suo reportage, anche se la stampa locale si soffermò soltanto su altri due aggettivi, “”nemico” e “straniero”.

IL VANGELO

Dal Pasolini “scandaloso” dei “banditi” di Cutro a quello “visionario” del Vangelo, il film che uscirà nel 1964, il passo era ormai segnato e forse, mentre lo scrittore rifletteva seduto sugli scogli, già pensava al Crotonese come set cinematografico. Sulle “dune gialle” che tanto lo avevano colpito quando giunse nella terra dei “banditi” tornò per girare scene del suo capolavoro utilizzando comparse reclutate tra la popolazione contadina. Scelse una ragazza crotonese, Margherita Caruso, per la parte della Madonna. La “figura Christi” è, del resto, presente nella poetica pasoliniana, come osserva il saggista Pino Corbo che si è soffermato su come Pasolini rifletta sulla fine del sacro che coincide con l’avvento della società consumistica.

IL DIALETTO

Gianluca Piccioni, ricercatore in Filologia dell’Università di Genova, si sofferma sulla Calabria sorprendentemente definita da Pasolini “isola”, al pari della Sicilia o della Sardegna, nella sua monumentale Antologia della poesia dialettale. Il viaggio nel dialetto calabrese è un viaggio nel tempo in cui la preistoria (in senso marxiano) convive con l’epoca storica dell’intellettuale Pasolini. Ecco cosa Pasolini scriveva dei letterati calabresi. «Per un’atavica vergogna che è nel popolo commovente pudore della propria povertà, che equivale a una rimozione del tempo, il letterato calabrese (compreso il dialettale) si rifugia dalla realtà in un umanesimo che del resto egli ha nel sangue, ma che sa spesso di esercitazione accademica». Il viaggio che Pasolini avrebbe poi fatto in Calabria avrebbe avuto un ruolo non secondario nella sua poetica.

L’ESISTENZIALISTA

Paolo Desogus, docente di Letteratura italiana contemporanea all’università della Sorbona, riflette sull’influsso che su Pasolini ebbe il filosofo calabrese Felice Battaglia, nato nel 1902 a Palmi e allievo di Gentile, al quale chiese una tesi sui rapporti tra l’esistenzialismo e le poetiche contemporanee anche se poi abbandonò gli studi filosofici. Pasolini era affascinato dal Kierkegaard di Aut-Aut ed era iscritto ai corsi di Battaglia, apertosi al pensiero esistenzialista all’insegna del rifiuto del panlogismo hegeliano e di un dualismo tra ragione e spazio vitale non molto diverso da quello che compare in Pasolini.

PASOLINI E I FATTI DI MELISSA

Francesca Tuscano, ricercatrice di Comparatistica all’università di Perugia, analizza la poesia dedicata ai braccianti calabresi e alla loro protesta repressa nel sangue a Melissa, nel 1949. Non era un nemico della gente di Calabria, perché il suo sguardo era rivolto alle vittime della storia e alla loro disperazione, a quei “morti ancora vivi quando avevano quindici anni”.

IL POPOLO

Su Pasolini critico del potere borghese e capitalistico ha relazionato Marco Gatto, docente di Teoria della letteratura all’UniCal. Stefano Casi, ricercatore indipendente che a Pasolini ha dedicato vari saggi, sposta l’attenzione sulla svolta “borghese” di Pasolini nell’accezione lukácsiana, nel senso che si occupa della borghesia in quanto classe, nella sua tragicità. Mentre Gianfranco Bartolotta, storico del teatro che insegna all’università Roma Tre, spiega perché del popolo a Pasolini piace la sua innocenza e la sua immediatezza, non la coscienza della sua “millenaria lotta”.  Forse in quei volti “ridenti e sporchi” delle borgate romane dalla “Vita violenta”, Pasolini riconosceva anche i “banditi” di Cutro.

LA PROFEZIA

Dal Vangelo alla profezia di “Alì dagli occhi azzurri” il passo è breve. «Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci, asiatici, e di camice americane», diceva Pasolini nella sua lirica. Il convegno di Acri si tenne poche settimane dopo il tragico naufragio di Cutro in cui sono morti un centinaio di migranti. C’è una connessione ideale con i pescatori di Cutro a cui il libro non può fare riferimento perché le relazioni erano state preparate prima della tragedia. Sono i “Pescatori di uomini” di cui parla Gesù anche nel Vangelo pasoliniano. Il docufilm “Cutro, Calabria, Italia” del calabrese Mimmo Calopresti, il più pasoliniano dei registi italiani, non a caso è denso di citazioni dal capolavoro girato nella terra dei “banditi”. Anche i disperati naufragati a Cutro sono gli ultimi della società.

LEGGI ANCHE: Docufilm sul naufragio di Cutro, Calopresti: «I Nastri premiano non solo me ma un tema» – Il Quotidiano del Sud

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE