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ROMA – Sono la Sicilia e la Calabria le regioni del Sud in cui l’incidenza della povertà è più forte, attestandosi rispettivamente al 27,3% e al 26,2%. In tutto sono quasi due milioni (un milione 863mila) le famiglie del Mezzogiorno d’Italia che vivono in condizioni di povertà relativa, pari al 23,3% di tutti i nuclei residenti nella parte meridionale dello Stivale. In tutta Italia, la povertà è un problema che riguarda circa otto milioni di persone, l’11,1% delle famiglie e il 13,6% della popolazione.  Una condizione diffusa soprattutto tra le famiglie più ampie, con tre o più figli minorenni, che si conferma anche in associazione con bassi livelli d’istruzione e bassi profili professionali. A scattare la fotografia delle famiglie povere del nostro Paese è il rapporto Istat «La povertà in Italia», presentato questa mattina. 

Dal documento emerge inoltre che al Sud aumenta anche l’intensità delle povertà, passata dal 21,5% del 2010 al 22,3% del 2011: un dato che indica quanto la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere si collochi al di sotto della linea di povertà. Nel caso delle famiglie del Mezzogiorno, nel 2011, la spesa media mensile equivalente è stata pari a 785,94 euro contro gli 827,43 del Nord e gli 808,72 del Centro.

Le difficoltà a trovare un’occupazione o un lavoro qualificato si associano a livelli di povertà decisamente elevati: è povero il 27,8% delle famiglie con a capo una persona alla ricerca di un lavoro, percentuale che al Sud schizza al 42,5%. In particolare, l’incidenza della povertà relativa è diminuita dal 5,3% al 4,4% per le famiglie in cui la persona di riferimento è impiegata o dirigente, mentre è passata dal 15,1% al 15,4% nei nuclei il cui capofamiglia è operaio. Stessa dinamica si registra anche per la povertà assoluta: diminuita dall’1,4% all’1,3% nelle famiglie di impiegati e dirigenti e cresciuta dal 6,4% al 7,5% in quelle di operai. 

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