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POTENZA – Il Consiglio di Stato ha annullato per un vizio di forma il decreto della Regione Calabria, emesso il 13 settembre 2010, con il numero 13109, che autorizzava l’Enel all’esercizio della centrale a biomasse del Mercure, ai confini fra la Calabria e la Basilicata: lo ha reso noto l’Enel, spiegando in una nota che «la sentenza prefigura la chiusura dell’impianto Enel dove lavorano attualmente 150 persone».   

La Centrale del Mercure è un impianto che l’Enel pensava di rendere una delle centrali più grandi d’Europa. Contro questa ipotesi, da anni le popolazioni e gli Enti locali combattono, anche con manifestazioni molto partecipate. Ora lo stop al progetto.

«La Sesta Sezione del supremo organo di giustizia amministrativa – rileva l’Enel – ha riscontrato un vizio procedurale dovuto alla mancata convocazione di una delle parti alla Conferenza dei Servizi. L’azienda – conclude il comunicato – ha investito 70 milioni di euro per realizzare una moderna centrale a biomasse vegetali di piccola taglia che può vantare standard di qualità ambientale molto elevati». 

 Il Comitato per la riattivazione della Centrale ha subito proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori e chiede l’intervento del presidente del Consiglio, Mario Monti, e del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, per «scongiurare» l’ipotesi di chiusura della struttura.    «Apprendiamo con profondo sconcerto e sconforto» la decisione del Consiglio di Stato, ha detto il presidente del comitato, Antonio Domenico Derenzo, e «grazie all’opera senza fine di finte associazioni ambientaliste e burocrati azzeccagarbugli vanno in fumo dieci anni di lavori e autorizzazioni, e un’opportunità di lavoro per migliaia di lavoratori della filiera biomasse».   Il comitato ha poi annunciato «l’intenzione di dare atto a forme di protesta» in modo che «i responsabili di questo scempio vengano allo scoperto e scongiurino la chiusura definitiva dell’impianto».

Diversa la prospettiva presentata in un dossier di Italia Nostra: «Situata in una zona doppiamente protetta tra il Parco Nazionale del Pollino e la Zona di Protezione Speciale di interesse comunitario, l’impianto avrebbe bisogno di 380 mila tonnellate all’anno di “biomasse vergini”». «Una quantità enorme di legname che società “satelliti” di Enel intendono reperire dai boschi del Parco del Pollino – continuano i volontari – così come testimoniano le proposte di convenzioni per la gestione del patrimonio forestale fatte da diverse società private ai Comuni del parco, convenzioni che esproprierebbero così la gestione forestale dello stesso». L’associazione nazionale Italia Nostra aveva accolto per queste ragioni la proposta della sezione locale di patrocinare, a titolo gratuito, il ricorso al Presidente della Repubblica contro la Centrale. 

 

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