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DAVANTI agli effetti della crisi economica, anche i vescovi sono pessimisti. E lanciano, in particolare, un allarme per il Sud: «Le proiezioni al 2020 di tutti i principali indicatori in materia di occupazione e crescita vedono l’Italia e più ancora il Mezzogiorno in una posizione di ritardo e grave difficoltà rispetto al resto d’Europa». 

Lo scrivono nell’ambito di un dossier, intitolato «Per il lavoro» ed edito da Laterza. Uno studio presentato oggi dalla Conferenza episcopale italiana che lo ha promosso. «La Chiesa non può restare indifferente», scrive nella prefazione il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato per il Progetto Culturale. E aggiunge: «Le problematiche del lavoro, come quelle dell’educazione e della demografia, sono parte costitutiva della sollecitudine pastorale della Chiesa, che concepisce la propria missione come finalizzata alla salvezza e pertanto al bene integrale dell’uomo».

In Italia, secondo i dati contenuti nel dossier, «le persone con un lavoro sono solo 22 milioni, a fronte di una popolazione di poco superiore ai sessanta milioni».  Il documento traccia un quadro della situazione italiana, focalizzandosi sulle difficoltà d’inserimento dei giovani, sui cambiamenti strutturali, sulla partecipazione delle donne. E’ il Mezzogiorno, in particolare, a far crollare il dato sul tasso di attività delle donne laureate tra i 25 e i 39 anni: in Italia sono calate dall’81 al 78 per cento, mentre la media europea è in crescita e si attesta all’87 per cento. 

Secondo i vescovi, in generale, la disoccupazione non può essere «compensata da semplici politiche di sussidio monetario», ritenute solo uno «strumento temporaneo»: «Il puro reddito», infatti, non basta secondo la Cei a conferire la dignità che si assicura solo garantendo il lavoro.

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