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COSENZA – Gli anni della crisi economica sono stati e sono per la Calabria una sorta di bollettino di guerra dove tra i caduti continuano ad emergere tutti i paramentri base del sistema economico giunto ad uno stadio di prostazione tale che ogni nuova rilevazione segna un record negativo. Partendo dall’occupazione, come anticipato nei giorni scorsi, tra il 2011 e il 2012 le persone in cerca di occupazione in Calabria sono aumentate del 61%, passando da circa 84 mila a circa 135 mila, e la situazione non migliora nell’anno in corso visto che nel primo trimestre i disoccupati in Calabria diventano circa 168 mila (persona più persona meno, l’arrotondamento è per comodità di rappresentazione). Un vero esercito. E se tra il 2011 e il 2012 l’aumento è stato pari a 50 mila unità, il confronto tra il primo trimestre del 2013 e lo stesso periodo dell’anno precedente segna un incremento di 35 mila unità. Ciò vuol dire che in due anni scarsi il numero dei disoccupati è quasi raddoppiato.

 

Il rapporto elaborato da Confindustria Cosenza e intitolato “La Calabria nella crisi italiana: una regione in affanno” contiene questo tipo di dati che più che rivelare la difficoltà sel “Sistema Calabria” confermano uno stato di dissesto sociale conseguenza del tracollo economico che affonda le proprie radici negli anni passati ma che oggi si sta facendo sentire con forza e violenza sempre maggiore.
Infatti, l’aumento della disoccupazione è solo l’ultimo, certo non per importanza, degli effetti che la crisi economica sta avendo sulla regione in punta allo stivale. A partire dal quarto trimestre 2012, secondo i dati raccolti dagli industriali cosentini, tutti gli indicatori economici calabresi diventano negativi con un calo nelle esportazioni (-14,7%) e il conseguente deficit della bilancia commerciale regionale visto che le importazioni diventano maggiori  quindi, come Calabria, sostanzialmente compriamo più merce di quella che riusciamo a vendere oltre i confini regionali. Calano anche gli occupati totali (-3,4%) ed il tasso di disoccupazione vola al 19,8%, le imprese attive diminuiscono (-0,5%), mentre crescono le cessazioni di attività imprenditoriali (+45,5%).
Al calo degli occupati a seguito di perdita del lavoro si agginge la crescita fisiologica della forza lavoro disponibile con l’arrivo nel mercato del lavoro di altre 51 mila unità che crea ulteriori difficoltà del sistema ad assorbire chi è in ricerca di lavoro.

Se si paragona la Calabria di oggi con quella del 2005, prima che la crisi mondiale, partendo dalla bolla del mutui statunitensi, cominciasse a stritolare quei germogli di sviluppo che stavano a fatica crescendo, la disoccupazione è aumentata del 30%, ad un tasso più che doppio rispetto a quello del Mezzogiorno (12%). La percentuale di forza lavoro inoccupata è passata dal 12,7% del 2011 al 19,3% del 2012 e al 24,5% del primo trimestre 2013. Il dato peggiore degli ultimi 20 anni e riguarda tanto le donne (dal 22% nel primo trimestre 2012 al 26,5% nel primo trimestre 2013) che gli uomini (dal 17 al 23%), con la conseguenza che il tasso di disoccupazione femminile in Calabria è ormai il doppio di quello maschile ed il doppio di quello nazionale. 
Passando ai giovani, poi, il dramma si veste di disperazione con un tasso di disoccupati sotto i 30 anni aumentato di 11 punti in un anno passando dal 28 (2011) al 39% (2012).

Nei primi quattro mesi del 2013 la cassa integrazione guadagni risulta ancora in crescita relativamente agli interventi ordinari (+30,7%), mentre si attenuano quelli straordinari (-11,7%). Il numero di ore di cassa integrazione erogate nel 2012 è quasi il triplo di quello concesso in media negli anni pre-crisi (2005-2007). 
Per il presidente degli industriali cosentini, che hanno elaborato lo studio, Natale Mazzuca c’è «la necessità di dare un segnale di discontinuità per il bene di tutti, iniziando dal pagamento dei debiti pregressi alle imprese, in grado di generare un gettito fiscale che per alcuni economisti risulterebbe maggiore di quanto apporterebbe il previsto aumento dell’Iva di un punto, all’abbassamento del costo del lavoro, dalle misure urgenti in favore dell’occupazione alla realizzazione di piccole opere per la manutenzione del territorio in grado di far aprire tanti cantieri, generare occupazione nella filiera dell’edilizia ed a cascata – conclude – sull’intera economia territoriale».
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