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NEL 2013 in Calabria troveranno lavoro 16mila persone. Ma non c’è da sorridere perché negli stessi dodici mesi altre 18.700 usciranno dall’elenco degli occupati, con un bilancio negativo pari al 3,8 per cento, peggiore performance regionale se si esclude la Sicilia. La media nazionale, negativa anch’essa, si ferma al 2,2 per cento. I dati emergono dal Sistema informativo Excelsior per l’occupazione e la formazione realizzato da Unioncamere Italiana e Ministero del Lavoro. 

A VIBO IL CALO PIU’ EVIDENTE – Secondo il report tutte le province calabresi registrano un segno negativo nel bilancio annuale tra i posti di lavoro che verranno creati e quelli destinati ad essere persi. Il valore più evidente è nel vibonese, dove si perderà quasi il 5 per cento dei contratti, ma non sorridono nemmeno le altre: Reggio (meno 4,3 per cento), Catanzaro (meno 4,1), Crotone (meno 3,9), Cosenza (meno 3). Una sofferenza che si rispecchia in tutto il Sud e le Isole, dove il calo medio è del 3,6 per cento. Anche il nord paga dazio, ma con cifre decisamente meno pesanti: il Nord Ovest si ferma a meno 1,5 per cento, il Nord Est a meno 1,8.

LA CARICA DEGLI STAGIONALI – Ma in Calabria, anche chi trova un contratto può tirare un sospiro di sollievo limitato. I nuovi impieghi che nel 2013 non hanno carattere di stagionalità saranno appena 6.900 e questo significa che circa 3 su 5 avranno durata limitata, nel caso migliore, a pochi mesi. Pesante anche l’incidenza dei contratti a progetto: saranno il 17 per cento dell’offerta occupazionale in tutta la regione, con picci del 21 per cento nel catanzarese e addirittura del 28,8 per cento in provincia di Crotone. Nel 4 per cento dei casi si dovrà accettare anche un contratto interinale, una percentuale che sale anche di un punto in provincia di Catanzaro.

CANDIDATI POCO PREPARATI – Tra coloro che possono festeggiare un contratto che va al di là di una stagione ci sono giovani “under 30” nel 31,4 per cento dei casi, circa un su tre, in linea con la media nazionale, mentre 558 assunzioni non stagionali (circa l’8 per cento) rischiano di rimanere insoddisfatte per difficoltà di reperire personale adeguato. E il problema della preparazione specifica riguarda anche il 69,7 per cento dei potenziali beneficiari di nuovi contratti che necessita di ulteriore formazione. «Le imprese possono creare lavoro se riescono a crescere, a sviluppare nuovi prodotti e servizi, ad allargare il proprio mercato», ha sottolineato il Presidente di Unioncamere Italiana, Ferruccio Dardanello in una nota stampa, aggiungendo che «i dati non sono confortanti ma la presenza di una quota significativa di imprenditori che scommettono sull’impresa e operano nuove assunzioni fa capire che il sistema è vitale e che riducendo il carico burocratico e quello fiscale si libererebbero risorse per accelerare la ripresa».

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