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Una strada franata

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COSENZA – Strade piene di fango, campi agricoli inaccessibili, case allagate e senza più ricordi. Le immagini raccontano un territorio che, da un giorno all’altro, è stato flagellato dal maltempo. È l’Emilia Romagna, a  cui, in molti oggi, alla luce della drammatica vicenda che l’ha travolta, vorrebbero che venisse destinata  parte dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Se, dunque, la richiesta proveniente da più fronti è quella di aiutare la regione a ricostruire attraverso le risorse europee, c’è anche da dire che metà dei fondi del Pnrr per il dissesto idrogeologico (1,15 miliardi di euro per un totale di 1.725 progetti, nuovi e “in essere”)    sono già stati assegnati. Vediamo pertanto, grazie all’ultimo rapporto di Openpolis,  chi e in che modo è stato “finanziato”, tenendo conto che le risorse in questione riguardano la cosiddetta “linea b”, con scadenza a dicembre 2025, e cioè l’intervento pensato  per il ripristino delle infrastrutture danneggiate da eventi calamitosi già verificatisi. 

Alla Calabria, più in particolare,  sono andati 39.574.141,62 euro per investire su 187 progetti inediti e, ancora, 18.240.000,00 euro per “coprire” 32 progetti precedenti. Un totale, insomma, di 57.814.141,6 euro e di 219 progetti. Rispetto alla graduatoria generale e complessiva, poi, la Punta dello Stivale, si trova al nono posto in riferimento al riparto, per l’appunto, dei fondi del Pnrr dedicati alla riduzione del rischio di alluvione e di quello idrogeologico. In cima, quindi al primo posto, c’è la Lombardia (136,9 milioni di euro per 320 progetti), probabilmente «per il fatto – ipotizza Openpolis nel suo report – che si tratta della regione più densamente popolata d’Italia. Inoltre – continua – di un territorio con estese zone montane, particolarmente esposte al rischio di alluvioni e frane».

Al secondo posto, invece, per quote di risorse totali assegnate, troviamo proprio l’Emilia Romagna (circa 98 milioni di euro per 222 progetti); mentre, tra le aree del Paese che ricevono finanziamenti maggiori allo scopo preso in considerazione, ci sono anche la  Sicilia (circa 97 milioni per 48 progetti), il Veneto (84,4 milioni per 26 progetti) e la Toscana (84,3 milioni per 37 progetti).

Certo è che, a seguito di questo quadro, un paradosso emerge: dopo l’Emilia Romagna, il territorio – secondo i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) – più esposto a eventi alluvionali, a “rischiare” maggiormente è la Calabria (insieme al Veneto e ad alcune aree della Toscana), dove è assai significativo il pericolo elevato (nel dettaglio la Calabria supera l’Emilia  Romagna sulle aree a pericolosità idraulica elevata). Detto ciò, tuttavia, la nostra regione si trova quasi a metà graduatoria (i cui dati, tra le altre cose, sono aggiornati all’1 marzo 2023). A ogni modo non ci sarebbe neanche da stupirsi, come a dire: nulla di nuovo sotto al sole.

La Corte dei Conti, a livello generale, in una sua indagine, aveva, di fatto, rilevato le criticità legate alla debolezza e all’assenza di un efficace sistema di governance nelle azioni di contrasto al dissesto idrogeologico.

Riporta Openpolis: «Nella sua indagine relativa al fondo di programmazione 2016-2018, la Corte dei conti ha evidenziato: l’assenza di un’efficace politica nazionale, di natura preventiva e non urgente, per il contrasto al dissesto idrogeologico; la difficoltà degli organi amministrativi nell’inserire la tutela del territorio nelle proprie funzioni ordinarie; la debolezza dei soggetti attuatori e dei commissari/presidenti straordinari della Regione, che non hanno strutture tecniche dedicate. La Corte dei conti ha inoltre sottolineato le difficoltà procedurali, l’assenza di controlli adeguati e di un sistema unitario di banche dati».

Sugli eventi naturali estremi, pertanto, o meglio sul fronte gestione e prevenzione, non è solo “problema” di fondi.

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