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Che l’Istat si occupi di accessibilità e di trasporti è un segno di crescita e un parametro di valutazione sulla vivibilità di un territorio

PER SCENDERE da Alessandria del Carretto verso lo Ionio ci volevano i muli perché non c’era la strada. Era il 1959, quando Vittorio De Seta ne “I dimenticati”, ci mostrò quella gente che viveva “come all’origine del tempo”. Gente come voi, come noi, come quelli che vivono a Milano o a Roma, a Cosenza o a Reggio Calabria. Gente, però, che non aveva diritto a muoversi, a rifornirsi di vettovaglie, ad arrivare all’ospedale e, meno che mai, a viaggiare.

Nel tempo, le cose sono migliorate anche ad Alessandria del Carretto e, oggi, l’evoluzione del Paese ci permette di parlare di accessibilità e di trasporti come un diritto comune dei cittadini. Accessibilità veloce, che costi poco e garantisca alle persone di poter arrivare dove hanno necessità di andare in tempi ragionevoli. Che l’Istat si occupi di accessibilità e di trasporti è, in fondo, un segno di crescita ed è anche un parametro di valutazione sulla vivibilità di un territorio, sulla sua marginalità o centralità in una regione o in una nazione. Cose che incidono sulla qualità della vita delle persone e sulla competitività delle imprese.

Non a caso l’istituto di statistica, oltre a valutare i costi necessari a raggiungere il porto, la stazione, l’autostrada o l’aeroporto più vicini, introduce un “indice di accessibilità da modello gravitazionale”. In parole povere: prenderò il treno se la stazione è vicina, ma valuterò anche quanti treni passano di lì e quanto ci mettono a raggiungere la mia meta. In fondo è la ragione per cui in Calabria si discute tanto dei percorsi dell’Alta velocità ferroviaria, dei passaggi a livello della linea ionica e del fatto che “guarda tu se mi tocca prendere la littorina a gasolio per arrivare da Melito Porto Salvo a Catanzaro Lido, e poi cambiare per arrivare a Sibari dopo quattro ore”. E i dati dell’Istat ci dicono che il 55% della popolazione della Calabria ha un grado di accessibilità ai servizi ferroviari medio/alto o molto alto e un dato che scende al 40% se si tratta di autostrade.

Peggio per gli aeroporti, dove solo il 20% ha un’accessibilità di buon livello. Per quanto riguarda i porti passeggeri, il 50% dei cittadini calabresi ha una buona accessibilità. Ma se guardate la mappa, quasi tutta la buona mobilità si concentra nell’area meridionale in corrispondenza dei traghetti e degli aliscafi di Villa San Giovanni. Per una regione con oltre 800 chilometri di coste, non è un bel vedere.

Non solo: le regioni interne sono tagliate fuori dalle grandi arterie di comunicazione, come ha certificato l’inchiesta sulla “Calabria interrotta” che il Quotidiano sta portando avanti. Ecco, l’Istat ci consegna un quadro che vede le regioni avanzate del Nord che, ovviamente, non hanno facili accessi al mare (ma anche agli aeroporti), col Lazio che se la cava bene solo per l’accesso agli aeroporti ma va in crisi sul tema autostrade, porti e ferrovie, con le regioni che ci circondano che non vanno molto meglio di noi. Ecco dunque una serie di tematiche forti per una discussione approfondita che coinvolga tutti: cittadini, istituzioni, imprese. Accessibilità e trasporti ad alta Velocità ferroviaria, linea ionica, statale 106, collegamenti tra Tirreno e Ionio. Tutte questioni che, se risolte (ma non è facile) metterebbero la Calabria in una posizione d’eccellenza nel Paese.

Argomenti che vengono prima (anche fisicamente) del Ponte sullo Stretto. Se non sistemi prima queste infrastrutture, come potrebbe il Ponte migliorare l’accessibilità da e per la Calabria? Dice, lo chiede anche l’Unione Europea. Ma quando la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola è venuta a Catanzaro, mica l’hanno fatta viaggiare sulla littorina.

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