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Alpini a Rimini durante il raduno

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GIOVANNI Alutto, centocinquenne alpino (non ex, un alpino è come un diamante: per sempre), è stato con orgoglio sul Lungomare di Rimini per l’adunata del Corpo, che andò sulle vette, con la piuma sul cappello, al tempo della Grande Guerra, grandi bevute, grandissimi atti d’eroismo, e i cori di montagna, «sul ponte di Bassano». Non sapeva il vecchio Giovanni, che ha fatto pure la campagna di Russia sul Don, che alle sue spalle, nella città che un modo di dire implacabile orrendamente chiama “la capitale del divertimentificio”, i suoi “eredi” provocavano la sacrosanta indignazione di quei luoghi felliniani, dove poi gli alpini al mare è una contraddizione in termini.

SE FOSSERO STATE LE LORO MADRI

Perché 150 (per ora) donne hanno denunciato pubblicamente di essere state molestate, e pesantemente, il che è una aggravante, ammesso che in materia si possa stilare una classifica di gravità.

«Sono riminese, sono una barista, e soprattutto una donna» ha postato una delle vittime, raccontando anche del tentativo di uno dei clienti dal bar, l’alpino vitellone 2.0, di «leccarla sulle labbra». Un’altra signora, italiana con uno dei genitori africano, dal quale ha ereditato il molto bruno dell’incarnato (e allora? Che c’è del male in questo melting pot?) si è sentita dire da una penna troppo annaffiata «che sport fai che ti è venuto quel bel culo?», mentre gli amici del “bevuto” le sparavano in faccia il saluto fascista. Subito sono intervenuti i derubricatori di pronto impiego, parlando di “goliardia”, e subito qualcuno faceva notare a questi silenziatori dell’evidenza, che ben diversa la loro reazione sarebbe stata se le 150 (per ora) vittime della “maleducazione”, come l’hanno chiamata, fossero state le loro madri, mogli, sorelle o altri affetti più o meno stabili di sesso femminile.

Per giunta, la categoria più toccata dall’insulto e dal fastidio, è stata quella delle cameriere, cassiere e via per locali, il che non denuncia solo il sessismo e nei casi della pelle il razzismo, ma anche il classismo. Il vino (o la birra) non giustificano niente, forse spiegano e forse no, perché se in vino veritas  vuol dire che il “substrato culturale” ecc.  ecc.

Ma facciamola finita con questo continuo giustificazionismo, la scuola latitante, la fogna della rete (che magari poi questi “veci” e questi “bocia” nemmeno sanno digitare; facciamola finita anche con questi “militari brutti sporchi e cattivi” perché sparare nel mucchio non serve a niente).

IL BRANCO E LE GENERALIZZAZIONI

Non è “gli alpini molestano le donne di Rimini”, generalizzazione di colpevoli e vittime; non esistono le categorie, esistono gli individui. Esistono le circostanze che favoriscono il “branco”, il “bullismo” d’ogni tipo, anche quello con la penna sul cappello e il bicchiere in mano. L’inchiesta è avviata; ma si sa dove porterà: a niente. E la prossima volta ci berranno su quanti parlano di “fisiologici episodi di maleducazione”. Avanti il prossimo, quello del “se la sono cercata”, accusando un ginocchio scoperto, un seno sporgente.

«Abbiamo messo la città nelle mani degli alpini» si sono lamentati, a pieno diritto, gli uomini e le donne di Rimini che hanno organizzato una “controadunata” in Piazza Cavour. Non ci sta l’ironia su quelle mani. 

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