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UNA persona normale, una cittadina rispettosa delle regole, una funzionaria con il senso del dovere e della legalità. Quando scrivemmo un editoriale su di lei, che dopo qualche giorno fu ripreso dal Corriere della Sera, non immaginavamo che quel suo prezioso servizio allo Stato – a tutti noi – potesse arrivare al clamoroso epilogo di ieri. Maria Giovanna Cassiano è diventata un simbolo senza volerlo, semplicemente perché lei non avrebbe saputo comportarsi in maniera differente da come operò. Direttrice della sede Inps di Rossano, aveva capito che una grande truffa allo Stato veniva perpetrata da anni senza alcun contrasto. Qualcuno ci aveva provato nella zona di Corigliano, e anche in altri territori calabresi, ma aveva subito deposto le armi. E se saranno dimostrate le accuse emerse dall’inchiesta qualche dipendente dimenticò i propri doveri. Da anni un fiume di denaro veniva sottratto alle casse dello Stato con la copertura di malattie, gravidanze e altri istituti di protezione dei diritti dei lavoratori. I quali si vedevano poco sui campi invasi da masse di immigrati pagati in maniera vergognosa e sfruttati come bestie. Non a caso pochi giorni dopo scoppiò la rivolta di Rosarno dove, al di là di tutte le disquisizioni, divenne labile il confine tra schiavismo e razzismo.

Con l’arrivo del nuovo direttore a Rossano la musica cambiò. Finalmente gli ispettori dell’Inps, sfiduciati da esperienze non esaltanti, trovarono il terreno fertile e le protezioni giuste per svolgere il loro prezioso e difficile lavoro. Fecero emergere il marcio di anni di abusi e scoprirono che molto spesso molti braccianti erano diventati massa di manovra nelle mani di gruppi forti e consolidati che sfruttavano loro e lo Stato. La situazione esplose quando la Cassiano, alla luce dei primi risultati delle ispezioni e dei gravi sospetti che gravavano sulla gestione dell’intero settore del lavoro bracciantile, decise di sospendere le erogazioni di denaro per malattie e altre forme di “welfare”.

Scoppiò la rivolta, la 106 fu bloccata a ripetizione, si videro politici e sindacalisti mobilitati per sostenere le ragioni della gente che sarebbe stata discriminata ingiustamente. E per la direttrice dell’Inps iniziarono giorni difficili. Minacciata, assediata, aggredita, costretta a essere scortata, ridotta a dover accedere alla sede dell’Inps da un ingresso secondario. E lei ebbe timori – mai rimossi completamente, purtroppo – più che per sé per i suoi familiari. Ma fece il suo dovere, tenne duro e l’inchiesta andò avanti. E con gli arresti di ieri raggiunge un primo risultato che premia il suo lavoro.

Ora Maria Giovanna Cassiano è a Catanzaro, dove l’Inps ha dovuto trasferirla, ma continua la sua attività. Come ha sempre fatto, compiendo il suo lavoro ogni giorno, in maniera corretta e rigorosa. Non ha cercato popolarità, ha rifiutato di andare nei salotti televisivi che l’avevano corteggiata perché non appartiene allo stomachevole teatrino di nani e ballerine, rare sono le sue foto, è restia a fare interviste anche perché non ritiene di fare qualcosa di straordinario e di eroico. Eppure lei fa in questa terra una cosa straordinaria ed è una persona straordinaria. Appartiene alla Calabria positiva che meriterebbe di irrompere prepotentemente sulla scena per dare una svolta al proprio poco esaltante destino.

La ricordo a Reggio Calabria il 25 settembre di due anni fa, venne alla manifestazione contro la ‘ndrangheta e la vidi radiosa in mezzo a quella massa sterminata di ragazzi e ragazze che gioiosamente gridavano il loro no a tutte le prepotenze e la voglia di un futuro diverso fondato sul rispetto delle regole e delle persone. Il suo abbraccio valse tutta la fatica di quei giorni. E mi chiedo quanto cammino ci sia ancora da fare se penso che lei in questi anni e soprattutto in queste ore è fortemente in ansia per la sicurezza dei propri figli. Ma stia certa che sono orgogliosi della loro mamma.

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