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NONOSTANTE la Calabria degli sprechi sia ormai consolidata nella visione mediatica nazionale, continuano a venire fuori casi che riescono ancora a stupire. E quando si tratta di sanità suscitano la netta sensazione che la soglia di tolleranza per vere e proprie porcherie, che alla fine si ripercuotono direttamente e dolorosamente sulla gente, sta per essere superata. Il caso della Pet (un esame che serve per la diagnosi dei tumori) di cui il Quotidiano sta parlando in questi giorni è emblematico. Nelle strutture pubbliche pare si possa fare solo a Catanzaro ma con mesi di attesa. A Cosenza, invece, una struttura privata ha acquistato il macchinario ma da anni e anni non ha ottenuto le autorizzazioni o la convenzione con la Regione. Questo il quadro in poche parole.

E, comunque, al di là di possibili imprecisioni terminologiche, il risultato è che chi ha urgenza di fare una Pet deve mettersi in viaggio e varcare i confini regionali. Quand’anche, per intenderci, fosse nelle possibilità di pagare l’esame di tasca propria. Se, cioè, un vecchietto avesse necessità di fare quest’esame, e pure disponesse di una ricca pensione e volesse far fronte personalmente alla spesa, dovrebbe in ogni caso fare la valigia. Una cosa incivile. Doppiamente incivile per chi, vecchietto o disoccupato di 45 anni, o precaria di 50, o chi vi pare, non fosse neanche nelle condizioni di affrontare le spese di viaggio per andare a fare l’esame in un’altra regione presso struttura convenzionata. La beffa, ovviamente, è che la Regione Calabria sborsa fior di milioni alle altre Regioni per questi casi di migrazione sanitaria. Ora, che la struttura privata debba attendere cinque anni per ottenere solo un parere dall’Azienda sanitaria (e non ancora l’autorizzazione) è cosa da far venire la pelle d’oca, perché in questo caso non ha presa neppure la solita frasetta che si usa a prescindere: il privato è il demonio perché c’è il pubblico. La verità è che se il privato ha diritto a quell’autorizzazione la deve avere, viceversa gli va negata. Ma subito. E se il pubblico non è in grado di garantire quelle prestazioni (come scriviamo anche oggi sempre a proposito della Pet), la Calabria ha perso. Macchinari sanitari costosissimi acquistati e tenuti fermi (a scapito dei calabresi), autorizzazioni negate o elargite a piene mani secondo logiche ignote (a scapito dei calabresi), costi tagliati nei capitoli di spesa sbagliati (a scapito dei calabresi), precari assunti in maniera poco chiara e comunque nei posti sbagliati, negli uffici amministrativi piuttosto che nei reparti (a scapito dei calabresi), medici e primari (ce ne sono di bravi) costretti a elemosinare l’acquisto di macchine necessarie e tenuti sotto tacita minaccia di ritorsioni qualora esternino le nefandezze di chi ha la gestione: la sanità in Calabria oggi è questa.

I conti sono migliorati? Basterebbe solo ricordare di quei macchinari tenuti fermi (anche in questi ultimi anni di supercommissari, supermanager e superconti) per avere un moto di disgusto di fronte a chi parla di conti. Il governatore della Regione, Mario Oliverio, farebbe bene, se vuole “normalizzare” la Calabria (e come non essere d’accordo su questo obiettivo…), a fare subito la Giunta e a mettere mano personalmente a queste porcherie nella sanità. Cominci dalla Pet, cerchi di capire in pochi giorni chi ha tenuto carte nei cassetti per anni e perché. Accerti se e perché macchinari per la Pet giacciono impolverati senza essere entrati mai in funzione. Denunci eventuali ritardi e omissioni senza indugio. Con la severità che la questione richiede. Qui la politica, gli scontri, le chiacchiere non c’entrano. Qui si parla della salute e della serenità dei calabresi. Di fronte alla possibilità di lenire le sofferenze della gente, tutto il resto deve passare in secondo piano. Sarebbe un buon inizio. Un vero inizio.

Twitter: @ro_valenti

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