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MATTEO RENZI a distanza di un mese e mezzo torna in Calabria: il 24 marzo venne a Scalea, oggi farà tappa a Reggio Calabria, due comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, metafora della Calabria di oggi. Proveniente da Napoli, Renzi proseguirà nel tardo pomeriggio il tour al Sud andando a Palermo. 

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Si preannuncia una visita breve, di circa due ore, la prima tappa sarà dal prefetto per un vertice con le forze dell’ordine e la magistratura, poi andrà a visitare i Bronzi di Riace, simbolo della “Calabria positiva”, tornati a nuova vita dopo il restyling della due statue e dalla “casa” che li custodisce da oltre 30 anni, il museo nazionale. E’ qui che il presidente del consiglio incontrerà le forze sociali e produttive, gli amministratori locali e una rappresentanza degli studenti per parlare – secondo indiscrezioni – principalmente dei Fondi Europei ancora non spesi e di quelli da spendere. 

Un mese fa a Scalea il Renzi “politico” disse: «Come Presidente del Consiglio mi posso impegnare a spendere bene i soldi, il che non è avvenuto per le risorse Ue negli ultimi anni», invitando i calabresi a rimboccarsi le maniche per non lasciare tutto in mano alla politica romana. Se da una parte la classe politica calabrese si è dimostrata negli ultimi anni non all’altezza delle sfide difficili di questa parte del territorio, dall’altra anche il Governo nazionale è stato distratto verso alcune questioni irrisolte e oramai incancrenite. E non si può pensare che possa bastare la lotta alla ‘ndrangheta (dove lo Stato sta conseguendo ottimi risultati grazie a validi magistrati e l’impegno straordinario delle forze dell’ordine) per modificare il destino segnato da questo territorio. Il declino economico e culturale degli ultimi anni, l’emigrazione “intellettuale” e non, ripresa come negli anni come nel dopoguerra con rotte anche lontanissime, come le Americhe e l’Australia, sono il termometro di un disagio sociale arrivato ad un punto di non ritorno. 

Oggi Renzi parlerà della spesa di fondi comunitari, non all’altezza delle aspettative e non in grado di incidere sulle debolezze infrastrutturali della Calabria. Ci sono quasi 600 milioni del Por per migliorare la rete dei collegamenti interni fermi, per le Metropolitane di Cosenza e Catanzaro siamo agli annunci, così come per la Gallico Gambarie. L’A3 rischia di essere un’incompiuta se non si ultimano quei 50 chilometri per i quali mancano i fondi. Tutta la fascia jonica vive nell’isolamento, non ci sono treni e i pochi viaggiano su binario unico e con vecchie locomotive a gasolio. 

Quella che fino a pochi anni fa era un’eccellenza, il porto di Gioia Tauro e tutta l’area circostante, è destinataria di grandi investimenti rimasti sulla carta se non si creano le infrastrutture di base e nuove opportunità. Il bando per realizzare il nodo ferroviario dello Scalo (18 milioni di euro) è andato deserto e un’azienda pubblica come le Rfi, l’unica che poteva avere le carte in regola, ha rinunciato a partecipare.

L’agricoltura, che rappresenta l’unica ancora di salvezza, è messa a dura prova per la distanza dei mercati di sbocco dei prodotti, in alcuni casi vere eccellenze.
E una regione definita nel 1904 dallo storico (e politico) Giustino Fortunato “sfasciume pendulo sul mare” resta tale e si può permettere di non spendere 220 milioni per mitigare il rischio geologico. Soldi stanziati dal Governo nazionale e in parte fondi Ue, affidati ad un commissario di governo non messo nelle condizioni di poter bene operare con il risultato che dei 185 interventi previsti dopo le alluvioni del 2008, 2009 e 2011, ne sono stati avviati una ventina. Da tre mesi il contratto del commissario è scaduto e la nuova nomina, probabilmente, è finita nel tritacarne della lottizzazione.

Stessa destino per la Sanità, settore commissariato dal 2010, alle prese con una cura da cavallo che ha sguarnito interi territori, spesso con popolazione anziana, di servizi accettabili. Anche in questo caso alle dimissioni e sospensione di Giuseppe Scopelliti non è seguita la nomina del sostituto. 

Sul fronte dello sviluppo non c’è uno straccio di idee per bloccare la desertificazione industriale che sta facendo schizzare la disoccupazione in alto con quella giovanile a livelli record in Europa. Per oltre 10 anni il Governo ha voluto commissariare il settore rifiuti e oggi il risultato è sotto gli occhi di tutti: siamo in piena emergenza, mancano gli impianti e i calabresi pagano il conto anche per lo smaltimento fuori regione e addirittura all’estero. Se il futuro di una comunità sono le giovani generazioni, su di loro non si investe, la scuola calabrese e il sistema universitario non gode di buona salute, i tagli impartiti dal 2008 dal duo Berlusconi-Tremonti ha tagliato 7.000 posti di lavoro tra insegnanti e personale tecnico, con il risultato di bambini ammassati in classi sempre più affollate e giovani insegnanti relegati al precariato a vita o all’emigrazione al nord. Chi ha deciso di rimanere è finito nel vortice degli ammortizzatori sociali che oramai interessano 25.000 persone a cui il Governo ha destinato 17 milioni di euro (quelli in deroga) di cui ancora non c’è traccia.

 

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