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Domenico Garcea durante un'iniziativa a sostegno dell'allora candidato sindaco di Torino Osvaldo Napoli

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Il cugino di un boss di ‘ndrangheta nominato membro della commissione consiliare “legalità”. Succede in Piemonte, a Torino. Il caso di Domenico Garcea, eletto nel 2021 con 735 voti e vicepresidente del consiglio comunale sabaudo, fa discutere.

Il 45enne è parente di Onofrio Garcea, esponente di Sant’Onofrio del clan Bonavota in Liguria che aveva il compito di riorganizzare un gruppo a Carmagnola, operante anche a Torino. Si tratta di un uomo di spicco delle ‘ndrine radicate al Nord, figura chiave dell’operazione “Fenice” che nel dicembre 2019 portò all’arresto dell’ex assessore regionale piemontese Roberto Rosso per voto di scambio (LEGGI).

Rosso avrebbe incontrato Onofrio Garcea nel comitato elettorale di via Alfieri a Torino per stringere un accordo. «È stato possibile appurare – scrivevano gli inquirenti – come la consorteria ‘ndranghetista, nelle persone di Garcea e Viterbo, abbia manifestato la propria ingerenza anche in occasione delle Elezioni Politiche Regionali del 26 maggio 2019, nel corso delle quali ha stipulato un “patto di scambio” con il candidato nella lista ”Fratelli d’Italia” Roberto Rosso, consistente nel pagamento della somma di 15.000 euro in cambio della promessa di un “pacchetto” di voti».

Non sorprende, dunque, che la decisione di includere Domenico Garcea, in quota Forza Italia, nella commissione “Legalità, diritti delle persone private della libertà personale, giustizia di comunità, sostegno e memoria delle vittime di reato” stia creando qualche imbarazzo nel capoluogo piemontese. Nonostante, occorre precisarlo, il consigliere non sia mai stato indagato.

«A Torino è mancata a lungo la consapevolezza della ‘ndrangheta – ha commentato Gian Carlo Caselli, già procuratore capo di Torino, in un’intervista a “La Stampa” – Per impreparazione, ritardo culturale, miopia, una sorta di distacco sabaudo (forse anche con un’ombra di razzismo) rispetto a problemi nati al Sud e considerati una sua esclusiva. Sta di fatto che Minotauro e le inchieste successive dovrebbero aver aperto gli occhi. E non è proprio il caso di tornare a chiuderli. Vale anche per coloro i quali dovrebbe essere ancora vivo il ricordo di Enrico Berlinguer che della questione morale aveva fatto una bandiera e un programma».

Ai politici, come il giovane Garcea, per Caselli «è richiesto un dovere in più: onore e disciplina con il corollario che occorre coerenza nella fedeltà a questi valori fin dal momento dell’affidamento delle funzioni».

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