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Nicola Oddati venne nominato da Zingaretti responsabile per il Mezzogiorno del Pd

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COSENZA – Nicola Oddati è una vecchia conoscenza della politica calabrese. Venne in Calabria poco prima delle regionali del 2020 nelle vesti di plenipotenziario di Nicola Zingaretti. La sua missione era chiara: fare un repulisti di tutto il marcio che gravitava dentro e attorno il mondo dem calabrese.

Oddati la missione la prese sul serio e indossati i panni di Catone, dispensava bolle di incandidabilità che nemmeno un Nicola Morra con la sua commissione. Fu uno degli artefici, insieme al commissario Stefano Graziano, della mancata ricandidatura di Mario Oliverio alla presidenza della Regione per motivi rimasti oscuri se non rintracciabili nel venticello del non detto.

Oddati oggi si trova al centro di una brutta inchiesta di appalti e presunte mazzette che dalla Campania, secondo gli inquirenti, si sarebbe irrorata fino in Calabria. Gli inquirenti campani da tempo tenevano Oddati sotto controllo in relazione alla riqualificazione turistica del rione Terra a Pozzuoli.

Lo scorso 11 gennaio agenti del commissariato Trevi lo hanno atteso all’uscita della sede di rappresentanza della Regione Campania a Roma di cui è responsabile e lo hanno perquisito (pare che della perquisizione ci sia anche un video). Pochi minuti prima in quella sede il funzionario del Pd si sarebbe incontrato con uno degli imprenditori interessati proprio al progetto di riqualificazione urbana di Pozzuoli.

Ad Oddati hanno trovato uno strano pacco bianco nello zaino. Lui si è subito giustificato sostenendo che si trattava di tessere del Pd che doveva portare a Taranto. Ma quando gli agenti gli intimano di aprire il pacco non si trovano davanti delle tessere, bensì 14.000 euro in contanti, tutti in banconote da 50 euro di taglio.

A quel punto Oddati cambia versione e sostiene che sono i soldi delle tessere che deve portare appunto a Taranto e versare nelle casse del partito. Una versione davvero poco convincente. Così gli inquirenti decidono di sentire come persona informata sui fatti il tesoriere nazionale del partito, Walter Verini. Questi ai giudici risponde di non aver mai ricevuto un versamenti in contanti da parte di Oddati. Incalzato dalle domande degli inquirenti ricorda che le modalità di tesseramento del Pd sono ben altre ovvero on line o con pagamenti in contanti purché siano tracciabili.

Del resto tutti i calabresi ricorderanno le polemiche che si sono sollevate, in occasione del congresso, da noi proprio sull’obbligatorietà del tesseramento on line e dei limiti al numero di tessere che potevano essere sottoscritte da una sola carta di credito o altre forme di pagamento elettronico.

Insomma le cose per Oddati si sono messe male. Sono andate però peggio quando gli inquirenti hanno deciso di acquisire tutte le transazioni fra Oddati e il Pd nazionale. Qui ne hanno scoperto veramente delle belle. Come riporta il “Fatto Quotidiano” gli investigatori scoprono che il Pd ad Oddati ha rimborsato spese davvero singolari come una multa beccata da Oddati quando a bordo della sua Fiat 500 sfrecciava sulla Ss 106 a 105 Km/h quando il limite era 90. E almeno altre due contravvenzioni. Insomma i soldi più che da Oddati al Pd sembravano prendere la direzione contraria.

Oddati nel frattempo si è dimesso da ogni incarico di partito proprio per affrontare con la massima serenità questa vicenda dalla quale si è sempre, e con forza, definito totalmente estraneo. Ma c’è anche un lato calabrese di questa vicenda. Si perché fra i destinatari delle perquisizioni figurano altri due esponenti Dem. Il candidato alla segreteria del Pd provinciale di Taranto, Luciano Santoro, e l’ex capogruppo regionale del Pd calabrese Sebi Romeo. Entrambi sono indagati per traffico d’influenze.

Non si sa bene nel dettaglio quali accuse vengono mosse a Romeo visto che in Calabria il riferimento è ad appalti “ da individuare”. Il punto certo è il rapporto politico fra Oddati e Romeo con quest’ultimo che ha aderito alla corrente creata dal primo, “Prossima”. La sua posizione quindi pare molto sfumata.

«Ritengo necessario precisare – scrive l’avvocato Natale Polimeni – che il mio assistito, Sebi Romeo, è stato destinatario di un decreto di perquisizione (peraltro con esito negativo) fondato su un’ipotesi di concorso in traffico di influenze illecite, nell’ambito di un’inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli. Non vi è, per come erroneamente riportato da alcune testate giornalistiche, un’accusa di natura associativa né vi è una consegna diretta di denaro a suo favore da parte di alcun imprenditore. Peraltro, l’ipotesi di reato rimane alquanto generica in quanto non individua la o le gare su cui intervenire, utilizzando, infatti, la contestazione provvisoria, una formula del seguente tenore: “nell’ aggiudicazione di gare d’appalto da individuare”».

Per dovere di cronaca ricordiamo che nel decreto firmato dal procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, dall’aggiunto Sergio Ferrigno e dai sostituti Stefano Capuano e Immacolata Sica, vengono ricostruiti una serie di presunti illeciti. E si dice che Romeo e Santoro avrebbero ricevuto 10mila euro a testa. Per cosa non è chiaro. Il 14 giugno, comunque, si discuterà davanti al Riesame il ricorso dei difensori contro le perquisizioni.

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