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CATANZARO – Il presidente della Corte costituzionale, Marta Cartabia, ha spiegato ieri, in un suo scritto sul Corriere della sera, perché fu scelta prima la forma istituzionale, cioè tra Monarchia e Repubblica, con l’elezione dell’Assemblea costituente, e poi creata la Corte costituzionale. Ossia l’interconnesione degli indirizzi.

Settantaquattro anni fa, il 2 giugno 1946, come detto, si votò contemporaneamente per il referendum e per l’elezione della Assemblea Costituente (la Carta costituzionale sarebbe stata approvata il 22/12/1947). Il risultato finale, contestatissimo tanto da impegnare ancora oggi gli storici, arrise al sistema repubblicano con un 54,26 % contro un 45,74 %, proclamato il 18 dello stesso mese dalla Cassazione.

Mentre nel Centro-Nord si affermò la Repubblica con qualche sorpresa (vedi il Piemonte di tradizione Sabauda), tutto il Mezzogiorno votò compattamente per Casa Savoia con percentuali e forbici veramente alte. I deputati eletti nell’Assemblea Costituente furono 556 di cui 21 calabresi, quasi tutti provenienti dall’avvocatura, ossia dai luoghi della mediazione tra diritto e bisogno. La Democrazia Cristiana ottenne 9 seggi di cui uno eletto nel collegio unico nazionale, il Partito Comunista Italiano 3 seggi, il movimento de ”L’Uomo Qualunque”, fondato da Guglielmo Giannini (una meteora assai corposa nella storia politica italiana), 3 seggi, il Partito Socialista Italiano 2 seggi, il Blocco Nazionale della Libertà (d’ispirazione monarchica) 2 seggi, l’Unione Democratica Nazionale (d’ispirazione liberale) 1 seggio, il Partito Democratico del Lavoro (d’ispirazione repubblicana) 1 seggio. Da considerare anche i subentri strada facendo.

Per la Dc furono eletti Gennaro Cassiani di Cosenza – più volte ministro – che fu il più votato con 53.439 preferenze, Adolfo Quintieri di Cosenza, Benedetto Carratelli di Amantea, Giacinto Froggio di Vibo Valentia, Vito Galati di Vallelonga, Filippo Murdaca di Locri, Nicola Siles di Reggio Calabria, il primo sindaco della città dello Stretto del dopoguerra. Alessandro Turco di Catanzaro e, nel collegio unico, Costantino Mortati di Corigliano, uno fra i più autorevoli giuristi italiani di tutti i tempi. Edmondo Caccuri di Torano Castello fu eletto a Bari sempre nella Dc. Per il Pci il primo degli eletti fu Fausto Gullo (nato a Catanzaro il 1887 e morto a Cosenza il 1974), ministro dell’agricoltura e autorevole dirigente nazionale, Eugenio Musolino di Reggio Calabria e Luigi Silipo senior di Catanzaro. Per l’Uomo Qualunque risultarono Armando Fresa di Palmi, Antonio Capua di Melicuccà e Vincenzo Tieri di Corigliano, padre dell’attore Aroldo Tieri. Per il Psi Pietro Mancini di Cosenza, apostolo del socialismo calabrese, e Antonio Priolo di Reggio Calabria. Poi due monarchici, Francesco Caroleo di Catanzaro e Roberto Lucifero D’Aprigliano di Crotone (prefetto di Catanzaro nel 1943), cugino di Falcone Lucifero che fu a lungo ministro della Real Casa con Umberto II in esilio ad Oporto. Per il Partito repubblicano (ovvero Partito Democratico del Lavoro) furono eletti Enrico Molè di Catanzaro, che fu ministro della pubblica istruzione nel primo governo De Gasperi, Vincenzo Mazzei di Catanzaro (subentrato), Giuseppe Bellusci di San Demetrio Corone, Girolamo Grisolia di Amendolara (morto il 18/1/1947). Per il Partito liberale Domenico Tripepi di Reggio Calabria.

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