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Una corsia di ospedale

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COSENZA – Il problema dei doppi pagamenti come «una patologia del sistema», i debiti delle aziende sanitarie che aumentano del 39% nel giro di un solo anno e l’accertamento complessivo del debito della sanità calabrese ancora «incerto a causa di un’inefficace attività di controllo da parte delle aziende sanitarie». Il caos dei conti sanitari resta serio ed è tutto in capo ai manager chiamati dal presidente/commissario Occhiuto a sbrogliare questa matassa. A certificarlo è la Procura regionale della Corte dei conti analizzando nel dettaglio lo stato delle casse delle aziende sanitarie. La stessa Procura che in conclusione ribadisce che le proroghe delle leggi speciali, dei bilanci posticipati e dei commissariamenti ad oltranza stanno ingiustamente “normalizzando” l’emergenza.

I DEBITI DELLA SANITA’ ALLE STELLE

Fornitori e anticipazioni di tesoreria. Queste due voci costituiscono il problema numero uno per le aziende. L’Asp di Catanzaro in un anno ha aumentato del 47% l’ammontare del debito, l’Azienda di Cosenza “cresce” del 37%, il Gom di Reggio Calabria del 36%, l’ex Mater Domini del 32%, l’Asp di Vibo incrementa del 26% e quella di Crotone del 25%. Solo l’Asp di Cosenza fa calare il suo debito dal 2021 al 2022 del 3%. All’Asp di Reggio Calabria invece non si conosce lo stato precedente al 2022: certificati ci sono solo 247,5 milioni di debiti «essendo solo adottato il bilancio 2022». In sanità, a subire l’incremento maggiore sono i debiti nei confronti degli istituti tesorieri, con il caso limite delle Asp di Cosenza (da 156mila euro a 19 milioni circa) e l’Azienda ospedaliera di Cosenza (da 73mila euro a 9,2 milioni di euro in un anno). L’84% del debito 2022 della Mater Domini invece è dovuto ai fornitori, il 76% invece nell’Asp di Reggio. Insomma, la mancata ricognizione complessiva dei “buchi” aziendali sta avendo «pesanti ripercussioni sulla sana gestione finanziaria e, in definitiva, sui diritti fondamentali dei cittadini».

I RIPARTI E I BILANCI RIAPERTI

La confusione generata dal ritardo nella fornitura dei finanziamenti necessari (con la cassa regionale che paradossalmente continua a tenersi stretta i fondi, da 361 circa a 484 milioni in un anno) ha creato il cortocircuito. I giudici contabili si sono soffermati più volte sul problema riparti. Caso che ha generato anche storture contabili censurate più volte. Basta vedere i bilanci di alcune Asp (Catanzaro, Vibo e Crotone) riaperti dopo la presentazione con “l’aggiustamento” delle cifre una volta confermate le somme destinate. Scrive la Corte: «Talune Aziende del Ssr calabrese – da diversi esercizi – quasi per consuetudine – dopo aver adottato e pubblicato i bilanci consuntivi (in assenza del riparto del fondo sanitario regionale) – li riaprono asseritamente, dopo che la Regione, con decreto del Commissario ad Acta, provvede al riparto del Fondo sanitario regionale a destinazione indistinta tra le Aziende. Anche per l’esercizio 2022, si è riproposta la medesima situazione con riferimento alle Asp di Catanzaro, di Vibo Valentia e di Crotone». In sede di contraddittorio la Regione ha difeso la scelta, scontrandosi però con le analisi dei giudici. In poche parole non si tratta di un «errore» da emendare, ma di una violazione di legge.

I DEBITI PREGRESSI DELLA SANITA’

«L’incertezza contabile», gli «errori nella registrazione dei pagamenti» e «l’attendibilità dei saldi di esercizio» inficiata. I giudici contabili non sono leggeri e partono dalle considerazioni dello scorso anno, vale a dire che «all’incapacità di governare i processi di spesa monitorandone l’andamento» segue anche «l’effetto di concorrere al perdurare delle patologie accertate nella spesa». Alcune aziende, per esempio, non comunicano i pagamenti effettuati fuori termine, altre non hanno certificato gli interessi passivi accumulati sul debito pregresso. Una situazione di caos generalizzato che pesa sulla qualità delle prestazioni fornite ai cittadini. L’annuncio del presidente/commissario Occhiuto, che dà ormai per scontata la quantificazione del debito pregresso, è in realtà un problema di lunghissima risoluzione. Ad oggi solo il 37% degli 872,9 milioni accertati (e non verificati) è stata liquidata. Il restante, circa 199 milioni, è incastrato nelle aule di tribunale con contenziosi pendenti. 146 milioni, però, si riferiscono all’extra budget, cioè le richieste dei privati su prestazioni effettuate ben oltre le cifre assegnate negli anni dalla Regione.

La strada è molto in salita, anche perché le aziende non riescono a trovare le fatture precedenti al 2020, rallentando enormemente la verifica. E la Procura regionale insiste con durezza. Non si tratta più di un «richiamo alla necessità di una sana gestione finanziaria e al rispetto delle norme di contabilità pubblica. Si discute, infatti, dei diritti fondamentali dei cittadini e dell’interesse dell’intera collettività».

NORMALIZZATA UNA SITUAZIONE EMERGENZIALE

Mentre al Senato è in discussione il decreto Milleproroghe, con l’emendamento Lotito ad allungare di un altro anno il decreto Calabria e tutti i poteri speciali connessi al commissario ad acta Occhiuto, la Corte dei conti ricorda come «il tentativo di risolvere le criticità dei debiti della sanità calabrese non può essere esperito comprimendo, senza limiti di tempo e in violazione dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza, i diritti degli individui che con essa entrano in relazione né, attraverso norme che procrastinano via via la soluzione del problema, così “normalizzando una situazione emergenziale”. In altre parole a stringere la cinghia non possono essere i cittadini, né si può pensare di vivere per sempre sotto l’eterno commissariamento.

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