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C’ERA una volta la Fiom. O meglio, c’è ancora. Altroché. A mutare – e ad ampliarsi – è il comparto di lavoratori che da oltre un secolo difende. Il settore metalmeccanico oggi va dalla fabbrica in senso classico alle aziende del settore informatico, dagli operai del ciclo continuo agli analisti e programmatori software. E il sindacato, così, si è evoluto, ampliando la gamma di questioni da affrontare. Tanto più in Calabria, dove il settore dell’informatica è vivace e in espansione in quella che viene ribattezzata la (piccola) Silicon Valley italiana: Arcavacata di Rende e dintorni, dove a ridosso dell’Unical sono nate imprese e più di un big player del settore ha preso casa. Gli ultimi in ordine di tempo sono i colossi dell’Ict e della consulenza Atos e Accenture, in procinto di aprire a Cosenza la nuova sede, consapevoli di poter attingere al bacino di neolaureati in ingegneria del vicino ateneo.

«Il settore informatico in Calabria, e in particolare a Cosenza, ha importanti prospettive. È in forte crescita, grazie all’interscambio con l’Unical: la propria forza-lavoro la intercettano già prima della laurea» dice Umberto Calabrone, segretario regionale della Fiom Cgil.

Si allarga il settore, si allargano i problemi. Nel caso del comparto informatico con quali vi confrontate?

«Non con crisi aziendali, per fortuna. Il settore, come dicevo, è in salute. Certo, va rafforzato, anche sul piano delle tutele. È il caso ad esempio dello smart working, dove prevale una certa deregulation. Saltano gli orari, non c’è un vero e proprio stacco, per chi lavora da casa. E diventa anche difficile la contrattazione in questi casi soprattutto con quelle imprese che hanno scelto proprio di smantellare la sede».

Nel comparto della metalmeccanica “classica” come va invece in Calabria?

«La crisi più profonda la vivono le centrali a biomasse. Ne abbiamo cinque più importanti in Calabria, che impiegano circa 2mila unità, non solo con contratto metalmeccanico. Qui si rischia la cassa integrazione e, in prospettiva, la riduzione del personale. La ragione sta nell’andamento del mercato dell’energia: il prezzo di vendita oggi è inferiore al costo di produzione. E gli incentivi stanno venendo meno».

E nelle fabbriche?

«In questo momento il problema principale riguarda le retribuzioni e i tipi di contratti offerti. Prevalgono quelli in somministrazione e a tempo determinato. Questo significa, chiaramente, una contrazione delle tutele. Inoltre, anche gli investimenti che possono essere attratti, finiscono per avere un impatto ridotto sul territorio. C’è anche da dire che il settore dell’industria ‘classica’ vive una stagione particolare in Calabria. Una stagione di nuove prospettive e di segnali positivi, che però non vede ancora il vero decollo».

In che senso?

«I poli principali in Calabria sono oggi Gioia Tauro e Vibo, l’ex Nuovo Pignone per intenderci, oggi Baker Hughes. A Gioia, l’area del retroporto vive una fase di espansione: stiamo verificando che mentre in passato molte aziende faticavano a restare aperte, oggi ampliano gli organici. E Baker Hughes sta facendo investimenti importanti. La Zes – pur con i ritardi che sappiamo, non ultimi quelli sul Pnrr – senza dubbio ha aiutato e ci fa ben sperare per il futuro. Il punto è che sta investendo chi in Calabria c’era già e che riesce a vedere le prospettive del territorio. Ma non riusciamo a intercettare aziende da fuori».

E come si dovrebbe intervenire?

«Serve un piano industriale che la Regione non ha. Ci sono tante e importanti fonti di finanziamento – Pnrr, Por, Zes – ma non si riesce a metterle a sistema».

Ma spazi per gli operai classici ci sono in Calabria?

«In realtà si inizia a fare fatica a rintracciare alcune figure specializzate, penso ai saldatori. Questo perché il sistema della formazione non esiste o non è ben orientata. Penso al Programma Gol: se non vengono individuate le esigenze prioritarie, si rischia di fare una formazione che non è poi quella richiesta. Manca una mappatura dei bisogni, di cui deve farsi carico la Regione».

Un augurio per il primo maggio?

«L’augurio è quello di rafforzare il mercato del lavoro in Calabria, per aprire spazi e arginare la disoccupazione. Per farlo, è necessario intercettare nuovi investimenti. Tutto questo, però, dovrà passare da un consolidamento del mondo del lavoro, fatto di diritti e di rispetto dei contratti».

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