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Uno dei Bronzi nella prima fase di restauro

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Il racconto di Marcello Miccio, il chimico che negli anni ’70 intervenne nel primo determinante restauro dei Bronzi di Riace

Sono tesori conosciuti in tutto il mondo che non hanno ancora smesso di affascinare e di svelare i loro segreti. I Bronzi di Riace sono divenuti ormai uno dei simboli della Calabria. Due capolavori che il mare ha restituito dopo duemila anni. Ma se oggi i Bronzi di Riace sono delle “celebrità” è perché c’è stato chi grazie al lavoro, alla dedizione e all’intuito è riuscito a far comprendere la grandezza della scoperta del 16 agosto del 1972 nelle acque di Riace.

In tal senso un contributo fondamentale fu dato da Marcello Miccio, chimico del Centro di Restauro archeologico di Firenze. «Nel 1975 mi trovavo a Palermo e mi chiesero, su richiesta del soprintendente regionale calabrese Giuseppe Foti, di andare a Reggio Calabria per dare un’occhiata alle statue. Constatai subito che erano necessari interventi specifici e suggerii di portare le statue nel Centro di restauro archeologico di Firenze ma la cosa finì lì», afferma Miccio.

IL PRIMO VIAGGIO DEI BRONZI DI RIACE NEL RACCONTO DI MARCELLO MICCIO

«Dopo qualche mese fui però ricontattato e fu deciso di portare le statue a Firenze. Devo dire che in quell’occasione Foti si dimostrò una persona coraggiosa e intelligente. Caricammo i bronzi su un furgoncino mezzo scassato, che credo non andasse oltre i 50 chilometri orari. Il viaggio durò dalle 15 del pomeriggio fino alle 11 del mattino successivo e cambiammo la staffetta di scorta delle forze dell’ordine a ogni provincia», ricorda il restauratore. «Il restauro durò cinque anni ma non furono continuativi, ogni tanto si dovevano interrompere i lavori per mancanza di fondi, in Italia certe cose purtroppo non cambiano mai», aggiunge Miccio.

«A Firenze vennero anche due colleghi restauratori di Reggio Calabria, Sgrò e Viola, che collaborarono con noi», precisa Miccio. «A lavoro terminato abbiamo imballato in delle casse le statue che sarebbero poi state trasferite nel Museo di Reggio Calabria. Però all’epoca era interessato da lavori strutturali e quindi sarebbero state allocate provvisoriamente in un deposito», evidenzia Miccio.

Marcello Miccio

L’IDEA DELLA PRIMA MOSTRA NATA QUASI PER CASO E DIVENUTA UN SUCCESSO

«Ferdinado Rigon, direttore del Museo di Bassano del Grappa, quando passava da Firenze, si fermava estasiato ad ammirare le statue e un giorno ci disse: “Perché non fate una mostra prima di rimandarle a Reggio?». «Proprio grazie al suggerimento e all’interessamento di Rigon, in venti giorni organizzammo alla meno peggio una mostra. Cento manifesti e uno striscione all’ingresso del Centro di restauro. Una preparazione a dir poco spartana. All’inaugurazione eravamo quattro gatti ma dopo qualche giorno il numero dei visitatori crebbe a dismisura. Nel giro di un mese c’era la fila per entrare. Fummo costretti a mettere le transenne ed emerse l’interesse anche delle tv locali e dei giornali», sottolinea Miccio.

«La ciliegina sulla torta fu quando venne in visita il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, una persona eccezionale, che rimase profondamente colpito dai Bronzi di Riace ed esclamò senza fronzoli: “Questi li voglio al Quirinale”». Terminata l’estemporanea ma riuscitissima mostra di Firenze la fama dei Bronzi di Riace divenne internazionale. Le statue fecero quindi ritorno a Reggio Calabria.

MICCIO: «SPOSTARE IN SICUREZZA I BRONZI DI RIACE È POSSIBILE»

In questi anni ci sono state molte polemiche sul fatto di trasferire momentaneamente i Bronzi di Riace in altre città, sia in Italia che all’estero, in occasione di eventi e manifestazioni. Miccio è da sempre un sostenitore di queste eventuali “trasferte”: «Secondo me è un errore non farlo. Non mi addentro nelle questioni politiche e istituzionali, non mi competono. Ma quando gli esperti obbiettano che potrebbero esserci problemi dal punto di vista tecnico e della conservazione posso rispondere che in 50 anni di carriera in questo settore ho avuto la fortuna di “mettere le mani” sui bronzi più importanti d’Europa e ritengo che oggi esistano attrezzature e strumenti per trasportare e preservare in completa sicurezza i Bronzi di Riace in qualsiasi parte del mondo». «Da un punto di vista turistico il trasferimento momentaneo a mio avviso darebbe ancora più visibilità alle statue, questa è la mia opinione», rimarca Miccio.

«Sono tornato due volte a Reggio Calabria, negli anni Ottanta per prendere un campione e una decina d’anni fa come privato cittadino, ma ho preferito in quell’occasione mantenere un profilo basso. Devo dire che è stata però un’emozione. Posso affermare senza timore di essere smentito che in quegli anni abbiamo fatto un grande lavoro a Firenze, anche in considerazione dei mezzi e delle tecniche che avevamo a disposizione all’epoca. Un periodo memorabile che ha contribuito in modo decisivo a far conoscere all’Italia e al mondo i Bronzi di Riace», conclude Miccio.

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