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REGGIO CALABRIA – I carabinieri del Ros hanno eseguito, nelle province di Ancona, Perugia e Reggio Calabria, un fermo di indiziato di delitto emesso dalla procura Distrettuale Antimafia di Ancona, nei confronti di tre professionisti marchigiani e di un imprenditore calabrese per i reati di riciclaggio e autoriciclaggio commessi con l’aggravante mafiosa. Contestualmente sono in corso decine di perquisizioni con l’impiego di oltre 100 carabinieri.

L’imprenditore calabrese è ritenuto elemento di spicco della cosca ‘ndranghestista degli Alvaro di Sinopoli, colpita oggi dall’operazione con 65 arresti (LEGGI), per riciclaggio e autoriciclaggio commessi con l’aggravante mafiosa. Contestualmente alla misura precautelare, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo di alcuni beni immobili in territorio marchigiano per un valore complessivo di 1,5 milioni di euro. Eseguite anche numerose perquisizioni nei confronti di altri tre indagati, nonché di soggetti e società dislocati in altre regioni del territorio nazionale e all’estero, emersi nel corso delle attività d’indagine.

L’operazione scaturisce dagli esiti dell’indagine “Open Fiber”, avviata dal Ros dei Carabinieri nel gennaio 2018 a seguito di alcune segnalazioni per operazioni sospette, pervenute dall’Uif della Banca d’Italia. Operazioni per le quali sono stati accertati stabili rapporti economici tra l’imprenditore calabrese e i professionisti marchigiani destinatari del provvedimento di fermo di indiziato di delitto.

Le indagini hanno documentato un complesso meccanismo di triangolazioni finanziarie tra Italia, Inghilterra e Svizzera, che ha coinvolto altri professionisti indagati ma non destinatari del provvedimento di fermo -, mediante il quale cospicue somme di denaro riconducibili all’organizzazione criminale sono state riciclate, tramite l’imprenditore calabrese, attraverso l’acquisto dei beni immobili sottoposti a sequestro preventivo. Nel contesto delle indagini, vi è stato un costante e puntuale coordinamento della Procura Nazionale Antimafia, dato che lo stesso imprenditore calabrese risultava coinvolto in un’inchiesta sulla medesima cosca degli Alvaro, condotta dalla Procura Distrettuale di Reggio Calabria.

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