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Il sostituto procuratore Roberta Panico

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BRESCIA – Nuovo blitz delle forze dell’ordine contro la ‘ndrangheta al Nord scaturito dall’inchiesta denominata dagli inquirenti “Atto Finale”,

Nelle prime ore del mattino, infatti, nelle province di Brescia, Milano, Reggio Calabria, Cremona e Ascoli Piceno, uomini della Polizia, dei carabinieri e della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia – hanno eseguito 14 (e non 15 come inizialmente reso noto) misure cautelari, 12 misure cautelari in carcere e 2 ai domiciliari, nei confronti di soggetti considerati contigui ed inseriti in contesti di criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista.

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Secondo l’accusa gli indagati sono gravemente indiziati, a vario titolo, di aver messo in atto episodi di usura ed estorsione commessi con metodo mafioso e connessi ad un’importante cosca, che rappresenta un casato di ‘ndrangheta tra i più antichi e potenti della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, infiltrata nel tessuto economico bresciano. al vertice del gruppo ci sarebbe il calabrese Vincenzo Facchineri.

Secondo la direzione distrettuale antimafia di Brescia poteva vantare anche collegamenti con storici esponenti della banda della Magliana e della mala del Brenta.

L’attività degli investigatori, coordinati dal sostituto Procuratore della Repubblica, Roberta Panico, della Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, insieme con i sostituti procuratori Erica Battaglia e Carlotta Bernardini, ha permesso di documentare, nonostante il periodo di lockdown, una serie di presunte condotte intimidatorie ed estorsive, accordi e pagamenti usurari, accompagnati da pressioni e pretese economiche agli imprenditori, accordi per la spartizione degli illeciti guadagni, richieste di protezione criminale e gravi situazioni di esposizione a rischio per l’incolumità individuale.

Il comando provinciale dei Carabinieri di Brescia ha eseguito un ulteriore provvedimento cautelare in carcere a carico di 2 soggetti, uno dei quali collegato anch’egli ad ambienti malavitosi di natura ‘ndranghetista, e gravemente indiziati della commissione di altri fatti di estorsione commessi con le tipiche modalità mafiose. Nello stesso contesto operativo, sono state eseguite 20 perquisizioni ed è stata sottoposta a sequestro preventivo una somma pari a 77.540 euro quale profitto del delitto di usura.

In alcuni casi, è stata provata una vendita di denaro a condizioni usurarie ad un imprenditore del Nord in difficoltà economiche, cercando di assicurarsi la certezza del rientro dell’investimento con i convincenti sistemi propri del metodo mafioso e dunque consentendo il conseguimento di fonti parassitarie di reddito.

Nel contesto sopra delineato, si inquadrano anche le figure di alcuni imprenditori, in difficoltà economiche, sicuramente amplificate a causa dell’emergenza Covid-19 e del conseguente lockdown, i quali hanno avuto notevoli difficoltà nel rispettare gli impegni e le scadenze, con ciò causando il “nervosismo” di alcuni indagati, i quali con un intento intimidatorio, hanno addirittura inviato via WhatsApp la riproduzione fotografica delle abitazioni degli imprenditori.

L’attività investigativa, peraltro ancora in corso, ha ulteriormente consentito di confermare il radicamento e l’operatività della ‘ndrangheta nel tessuto economico del distretto bresciano, la quale, avvalendosi, appunto, della creazione e dell’utilizzo di decine di società ‘cartiere’ italiane ed estere, messe a disposizione da soggetti gravitanti attorno al predetto sodalizio, ha assicurato un vorticoso giro di fatture false per decine di milioni di euro a vantaggio di imprese locali, riuscendo, in tal modo, ad attuare una sofisticata e pericolosa forma di “inquinamento” dell’economia legale attraverso l’erogazione di servizi fiscali illeciti.

La genesi dell’indagine “Atto finale”

L’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Brescia è stata avviata nel dicembre 2020, quando un libero professionista residente nel Bresciano, esasperato e stremato dalle continue minacce e pressioni psicologiche patite, aveva deciso di denunciare.

Nei mesi precedenti trovandosi in difficoltà post lockdown aveva chiesto soldi a soggetti legati a cosche della ‘Ndrangheta. Il bresciano ha raccontato di essere stato vittima di estorsione messa in opera da due persone le quali dopo essersi proposte per intermediare un debito economico di 50mila che il bresciano aveva con un imprenditore estraneo all’inchiesta, lo avrebbero costretto a versare con diversi bonifici a loro favore la somma complessiva di 19.500 euro di interessi oltre ai 45mila euro già consegnati in contanti.

I NOMI

Alla luce di tre diverse ordinanze di custodia cautelare sono finiti in cella i calabresi Vincenzo Facchineri, il cugino Giuseppe Facchineri, Francesco Scullino che al momento dei fatti contestati era agli arresti domiciliari a Desenzano del Garda, i milanesi Francesco Scalise e Salvatore Muià, il pugliese Massimiliano Bisci, il romano Nicola Bonelli, il siciliano residente a Brescia Vincenzo Caia, il calabrese residente a Bergamo Roberto Franzè, Florin Ionescu, Raffaele Maffettone, napoletano di nascita ma di casa nel Bresciano, il calabrese residente in provincia di Brescia Rocco Zerbonia, Giuseppe Gentile, anche lui calabrese, e Stefano Bresciani nato e residente a Brescia.

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