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I carabinieri in azione

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DINAMI (VIBO VALENTIA) – Un omicidio maturato in famiglia, secondo gli inquirenti, quello di Michele Franzé, netturbino in pensione di 66 anni ucciso a colpi di fucile caricato a pallettoni nel gennaio del 2014. (LEGGI LA NOTIZIA DELL’OMICIDIO)

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri che hanno condotto le indagini, ad uccidere sarebbero stati i figli della compagna dell’uomo. I due avrebbero ucciso il compagno della madre perché aveva smesso di elargire denaro in favore del nucleo familiare della donna.

Adesso, con l’accusa di omicidio premeditato, i carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro hanno arrestato a Dinami (in provincia di Vibo Valentia), i fratelli Daniele e Giuseppe Matalone, di 27 e 30 anni, ritenuti responsabili dell’omicidio di Michele Franzé.

L’uomo fu raggiunto alla testa da alcuni colpi di fucile caricato a pallettoni mentre si trovava nel giardino davanti alla sua abitazione, in contrada Salice di Galatro. Gli arresti, disposti dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi su richiesta della Procura, sono giunti al termine delle indagini dei carabinieri di Gioia Tauro, che grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali integrate da numerose testimonianze avrebbero raccolto elementi gravemente indizianti a carico degli indagati. All’origine del delitto, secondo l’accusa, i dissidi con la vittima che si erano acuiti nel tempo.

Nel corso delle indagini, i carabinieri hanno raccolto numerose fonti di prova che hanno consentito di collocare i due fratelli nel luogo dell’omicidio in un arco temporale compatibile con l’ora del delitto. Inoltre, l’analisi delle dichiarazioni rese da testimoni e del contenuto delle intercettazioni, avrebbero permesso agli investigatori di smascherare il piano elaborato dagli indagati per costruirsi falsi alibi che potessero giustificare gli indizi emersi nei loro confronti.

In un primo momento, infatti, i fratelli Matalone avevano tentato di giustificare le tracce di polvere da sparo rinvenute sui loro indumenti poco dopo l’omicidio, con il fatto di essersi recati il giorno prima ad una battuta di caccia. Circostanza che si sarebbe dimostrata infondata dalle indagini dei carabinieri.

In un secondo momento, Daniele Matalone, per confutare l’ipotesi investigativa secondo cui i colpi d’arma da fuoco sparati contro Franzè potevano aver investito anche il killer o i killer che avevano imbracciato l’arma, aveva giustificato una ferita alla fronte dicendo di essersela procurata in un incidente sul lavoro occorsogli il giorno precedente. Anche in questo caso, però, secondo l’accusa, le indagini avrebbero smentito le dichiarazioni dell’indagato.

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