X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

MILANO – Risolto un cold case degli anni ’90 che coinvolge un calabrese accusato di essere il killer di Carmine Carratù, 23enne originario di Salerno ucciso a Milano, città in cui viveva e lavorava come carrozziere.

Secondo quanto ricostruito l’uomo arrestato per il suo omicidio è Domenico Branca di Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), 59 anni, boss di piazza Prealpi, già in carcere con due ergastoli. All’epoca l’assassino, identificato oggi dai carabinieri del Comando provinciale di Milano, era a capo del sodalizio ‘ndranghetista Libri-De Stefano-Tegano.

L’omicidio avvenne il 17 febbraio 1992 in via Ippocrate: Carratù fu ucciso con 13 colpi di pistola sparati da due armi diverse. All’origine il fatto che il giovane, appassionato di automobili, avesse ‘osato’ lamentarsi con i fratelli Campo, titolari di una concessionaria in via Varesina 66, per delle irregolarità in merito a una Golf acquistata da loro nel 1987 e successivamente rivenduta a terzi dopo che era stata incidentata ma a sua insaputa senza il passaggio di proprietà. Motivo per cui, tutte le multe, arrivavano da pagare a Carratù. Al tempo, spiegano i carabinieri, i fratelli Campo, successivamente arrestati, erano ‘padroni’ della Comasina, e chiesero il ‘permesso’ di uccidere il ragazzo alla mafia di Quarto Oggiaro.

Inizialmente l’indagine era stata affidata alla Polizia di Stato. Tra le piste degli investigatori degli anni 90 c’era lo scambio di persona, in quanto il fratello della vittima all’epoca gravitava nel mondo della droga. Il caso registra la svolta nel 2014, nel pieno dell’indagine ‘Rinnovamento’ che porta in carcere oltre 60 persone di cui molte per associazione a delinquere di stampo mafioso, e grazie alle dichiarazioni del pentito Vittorio Foschini.

Carratù è descritto dagli amici e dalla fidanzata del tempo come una persona tranquilla ma che dava ‘su di giri’ se qualcuno gli toccava la sua amata Golf. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, i fratelli Campo avevano rimesso a posto la Golf restituita incidentata da Carratù, che nel frattempo ne aveva acquistata una nuova, e l’avevano rivendenduta a un loro conoscente senza però fare il passaggio di proprietà. E quando al 23enne iniziano ad essere recapitate una serie di multe per infrazioni da lui mai commesse con la sua vecchia automobile, il giovane decide di recarsi dai Campo per avere chiarimenti a riguardo. Dopo pochi giorni nella concessionaria di via Varesina 66 si verificano due episodi di incendi dolosi, di cui solo il secondo denunciato: il 14 gennaio brucia la ex Golf di Carratù (che in quel momento si trova nel concessionario perchè riconsegnata dal nuovo proprietario), e il 31 dello stesso mese altre 4 vetture. Per quest’ultimo rogo si pensa a una vendetta del 23enne, vendetta che gli costerà la vita. 

Tra le quattro automobili incendiate per vendetta da Carratù il 31 gennaio 1992 c’era anche quella del boss Luigi Mentolicchio. È possibile che il giovane non lo sapesse, ma lo sgarro gli è costato la vita. Nell’agguato del 17 febbraio avrebbero partecipato Branca e Mentolicchio, morto negli anni successivi.

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE