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Gli inquirenti si sono concentrati sui movimenti dei congiunti di Antonino Zampaglione, affiliato alla cosca Iamonte

REGGIO CALABRIA – La moglie e i due figli di Antonino Zampaglione, di 69 anni, ritenuto affiliato alla cosca Iamonte di Melito Porto Salvo, arrestato il 7 febbraio 2015 dopo 3 anni di latitanza, sono stati posti agli arresti domiciliari, con altre 3 persone, per procurata inosservanza di pena dello stesso Zampaglione.

I provvedimenti, emessi dal gip su richiesta della Dda, sono stati eseguiti dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dal Commissariato di Polizia di Condofuri. Si tratta di Annunziata Pio (58), moglie di Zampaglione; dei figli Carmelo (34) e Saverio (36); di Salvatore Martino (29), Emanuele Foti (33) e Fabio Salvatore Ferrigno (40).

Zampaglione era sfuggito all’arresto nel marzo 2012 dopo la conferma di una condanna a 24 anni e 9 mesi per associazione mafiosa e per l’omicidio di Antonio Pangallo, ucciso nel 1990. Per l’accusa il delitto sarebbe stato commissionato dai Pio, ritenuti affiliati agli Iamonte, e da Zampaglione per vendicare la morte del suocero di Zampaglione,avvenuta per mano di Pangallo.

Dalle indagini, condotte dagli agenti del Commissariato di Condofuri e dalla Squadra mobile di Reggio dal dicembre 2013 al febbraio 2015, sarebbe emerso come i più stretti congiunti e collaboratori di Zampaglione si recassero ciclicamente a fargli visita nei luoghi in cui, di volta in volta, trovava rifugio. Per arrivare in modo riservato nei luoghi in cui il ricercato si nascondeva, i favoreggiatori, lungo il percorso, effettuavano diversi cambi di auto: nel primo tratto utilizzavano mezzi in uso alla famiglia e in quelli successivi altri veicoli forniti da soggetti appartenenti alla cerchia di amici, parenti e conoscenti. Per eludere i pedinamenti, poi mantenevano una velocità elevata con brusche decelerazioni, per verificare di non essere seguiti.

Grazie ai servizi di osservazione sul territorio e a diversi presidi tecnologici (intercettazioni ambientali e satellitari sulle autovetture in uso alla famiglia e servizi di videosorveglianza disposti dalla Dda), sarebbe anche emerso che i congiunti del latitante, in diverse circostanze, sopratutto di sera o di notte, dopo vari escamotage, si dirigevano verso Reggio Calabria dove facevano perdere sistematicamente le tracce. Dalle indagini è emerso Annunziata Pio, soprattutto in occasione delle festività, aiutata dai figli Saverio e Carmelo e dal collaboratore Martino, dipendente dell’officina meccanica di Zampaglione, andava a trovare il marito latitante, anche per diversi giorni, nei vari luoghi di rifugio per rifornirlo di generi alimentari, vestiario e medicine. 

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