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Uno degli arresti per l'operazione

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REGGIO CALABRIA – La Polizia ha fermato i presunti assassini di Fortunata Fortugno, la donna di 48 anni uccisa il 16 marzo scorso a Reggio Calabria con una serie di colpi di pistola sparati da più persone mentre era in auto con l’amante, Demetrio Lo Giudice (LEGGI LA NOTIZIA).

L’uomo, un 53enne ritenuto elemento di spicco dell’omonima cosca della ‘ndrangheta, rimase ferito ad un braccio durante l’agguato. I due furono raggiunti dai sicari nei pressi di un torrente nel quartiere Gallico, dove si erano appartati a bordo di un fuoristrada.

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L’inchiesta “De Bello Gallico”, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia e dalla Polizia di Stato di Reggio Calabria, ha dimostrato, riferiscono gli investigatori, che il vero obiettivo del killer che entrò in azione la sera del 16 marzo scorso sul torrente Gallico, non era la donna che fu assassinata, Fortunata Fortugno, bensì l’uomo che era appartato con lei in auto, Demetrio Lo Giudice, ritenuto vicino agli ambienti della cosca Tegano della ‘ndrangheta e coinvolto in operazioni antimafia che in passato hanno colpito lo stesso gruppo criminale.

Attraverso il confronto di moltissimi filmati estrapolati dai diversi impianti di video sorveglianza, i poliziotti della Squadra Mobile sono riusciti ad individuare l’Audi A3 Sportback utilizzata dal sicario la sera del 16 marzo per compiere l’agguato. Gli accertamenti avrebbero dimostrato infatti che la macchina era utilizzata esclusivamente da un 28enne di Gallico, Paolo Chindemi.

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Le intercettazioni ambientali hanno permesso di raccogliere ulteriori elementi che, in combinazione con i dati acquisiti dagli impianti di video sorveglianza, hanno portato a un quadro indiziario grave, preciso e concordante a carico del 28enne come esecutore materiale del delitto, che è stato fermato questa notte dai poliziotti della Sezione omicidi della Squadra Mobile di Reggio Calabria. Paolo Chindemi è figlio di Pasquale, assassinato tre mesi prima a Gallico nel corso di un agguato.

Tra le persone fermate nell’ambito dell’operazione De Bello Gallico c’è Ettore Corrado Bilardi, genero del patriarca della ‘ndrangheta reggina don Mico (Domenico) Tripodo, assassinato nel 1977, all’interno del carcere di Poggioreale a Napoli, su mandato della cosca reggina dei De Stefano. Bilardi, che ha scontato una lunga detenzione per omicidio, è cognato di Venanzio Tripodo, genero di Sebastiano Romeo, patriarca della storica famiglia di ‘ndrangheta di San Luca intesa “I Stacchi”.

Secondo quanto emerso dalle indagini attraverso l’opera di mediazione del Bilardi, i componenti del sodalizio di Gallico hanno stretto relazioni con esponenti di affermate e potenti cosche della ‘ndrangheta operanti nei mandamenti tirrenico e ionico della provincia di Reggio Calabria. Il fermo degli indagati è stato deciso sia per la gravità indiziaria in ordine ai delitti contestati sia per il concreto pericolo che potessero darsi alla fuga.

Il monitoraggio delle persone fermate ha consentito agli investigatori della Squadra Mobile di scoprire, alcuni giorni addietro, durante un servizio di perlustrazione notturna in alcuni luoghi periferici di Gallico superiore, la base logistica del gruppo ubicata in una struttura in muratura all’interno della quale sono state trovate e sequestrate una pistola semiautomatica clandestina, completa di caricatore e 10 cartucce, un revolver clandestino, quattro casacche in tessuto di colore blu riportante su entrambi i lati la dicitura «DIA Direzione Investigativa Antimafia», un giubbotto antiproiettile, tre passamontagna e una batteria alla quale era applicato, con nastro adesivo, un ricevitore marca. In precedenza erano stati individuati e sequestrati anche alcuni motoveicoli risultati rubati.

I quattro fermati sono accusati, a vario titolo, di omicidio e tentato omicidio pluriaggravati anche dal metodo mafioso, associazione mafiosa, detenzione e porto d’armi da fuoco clandestine, danneggiamento aggravato, furto aggravato e detenzione illegale di segni distintivi e oggetti in uso ai corpi di polizia.

All’esecuzione delle misure ha contribuito anche il reparto prevenzione crimine “Calabria” della Polizia. 

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