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Il giudice Antonino Scopelliti

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VILLA SAN GIOVANNI (REGGIO CALABRIA) – Una svolta nelle indagini sulla morte del giudice della Corte di Cassazione Antonino Scopelliti è arrivata a 27 anni dall’omicidio. È stata, infatti, trovata nel catanese l’arma con cui il 9 agosto del 1991 fu ucciso in località Piale di Villa San Giovanni, nel reggino, il giudice Scopelliti. Si tratta di un fucile calibro 12. Del ritrovamento dell’arma si è appreso stamattina a margine della cerimonia organizzata in occasione del 27/mo anniversario dell’assassinio del magistrato. A darne notizia è stato il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri. La scoperta dell’arma risale ai giorni scorsi. «È senza dubbio un passo in avanti – ha commentato Bombardieri – per raggiungere la verità. Il ritrovamento apre scenari importanti per appurare i responsabili di questo odioso crimine, confermando importanti recenti intuizioni investigative». 

La scoperta del fucile è frutto di un’attività ispettiva mirata condotta dalla Dda di Reggio Calabria, con il supporto investigativo della Squadra mobile reggina. Sono in corso adesso i necessari riscontri tecnici per consolidare il quadro investigativo. Bombardieri non ha fornito particolari sul ritrovamento dell’arma, sottolineando il «massimo riserbo» sul punto da parte della Dda di Reggio Calabria.

In occasione della commemorazione il presidente della Camera Roberto Fico ha citato lo stesso Scopelliti nel dire che «”il buon giudice, nella sua solitudine, deve essere libero, onesto e coraggioso”: in questa breve frase – ha continuato – c’è tutta la grandezza della lezione morale che ci ha lasciato Antonino Scopelliti, ucciso il 9 agosto di 27 anni fa in un agguato mafioso in Calabria. Aveva 56 anni ed era, in qualità di Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione, in procinto di rappresentare l’accusa contro gli imputati del maxiprocesso di mafia a Palermo».

Per Fico «quei principi di libertà, onestà e coraggio che ispirarono sempre il suo lavoro devono poter continuare a rappresentare, ancora oggi, i punti cardinali di un’azione di riscatto civile portata avanti da tutte le Istituzioni e le componenti della società, a cominciare dai più giovani. Un’azione di rinnovamento, culturale innanzitutto, contro ogni logica mafiosa, che si costruisce giorno dopo giorno garantendo nel Paese condizioni di dignità sociale, di legalità e di trasparenza, sottraendo così alla criminalità organizzata importanti leve di potere», prosegue Fico che sottolinea: «Non possiamo ignorare, infatti, come siano proprio le situazioni di degrado amministrativo, sociale, economico e civile a creare il terreno più fertile per la malavita. L’elevato numero di comuni sciolti per infiltrazione mafiosa negli ultimi anni, anche in Calabria – la regione di provenienza di Scopelliti – attesta una persistente fragilità del sistema di governo territoriale rispetto all’azione pervasiva della criminalità organizzata, a detrimento della democrazia».

Il presidente della Camera ha infine aggiunto che «la testimonianza di Scopelliti ci sia di esempio. Così come da giudice non ha mai desistito dal suo impegno, pur avendo chiara la complessità e la pericolosità della sua missione contro la criminalità organizzata, così anche noi, la politica e le Istituzioni innanzitutto, ma anche ciascun cittadino, non dobbiamo cedere alla rassegnazione ma impegnarci ogni giorno, con gesti quotidiani, a una rigenerazione della coscienza civile collettiva, per renderla incondizionatamente e convintamente immune da ogni logica e pratica mafiosa».

Anche l’ex presidente del Senato ed ex magistrato Pietro Grasso ha ricordato il giudice Scopelliti ricordando come il pm «aveva il compito di rappresentare l’accusa nel Maxiprocesso ormai giunto in Cassazione. Antonino Scopelliti fu ucciso il 9 agosto 1991 per fermare il processo e intimidire i magistrati che se ne sarebbero occupati. Mandanti ed esecutori non sono ancora stati individuati. Chi lo fece procurò un grande dolore alla famiglia, a noi colleghi, a tutta l’Italia ma non riuscì nel suo scopo perché, pochi mesi dopo quell’omicidio, la Cassazione emise le sentenze di condanna definitiva ai mafiosi. La memoria di Scopelliti è ancora forte nella sua Calabria: ogni giorno in moltissimi, a partire da sua figlia Rosanna, si impegnano per la legalità e la giustizia».

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