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Il tribunale di Reggio Calabria

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REGGIO CALABRIA – Entrambi i consiglieri regionali coinvolti nell’operazione Libro Nero, che ha portato all’arresto (tra carcere e domiciliari) di 17 persone (LEGGI LA NOTIZIA) hanno voluto rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Domenico Armaleo.

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Per quanto riguarda il consigliere regionale Sebi Romeo «è stato ascoltato – sostiene l’avvocato difensore Natale Polimeni – dai Pm della Procura di Reggio Calabria per l’interrogatorio relativo all’accusa di tentata corruzione. Il teorema accusatorio iniziale con cui veniva accusato di corruzione è stato sminuito nella sua portata dallo stesso Giudice per le indagini preliminari che lo ha riqualificato giuridicamente in tentata corruzione. Sebi Romeo, prendendo atto delle accuse a suo carico, unitamente alla difesa, ha spiegato la sua posizione sui fatti contestati, smentendo risolutamente qualunque richiesta corruttiva da parte sua al maresciallo della Guardia di finanzia ed escludendo che con costui si sia incontrato».

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Polimeni ha anche precisato che «pur non potendosi considerare mercimonio della funzione pubblica aver, eventualmente, espresso la possibilità di segnalare chiunque presso una qualche ditta privata durante l’interrogatorio è emerso che non vi è alcuna prova che Sebi Romeo abbia tenuto comportamenti utili a configurare tale reato, né con il maresciallo né con altri. Inoltre, precisiamo che non vi è prova alcuna che Sebi Romeo abbia chiesto di avere notizie sulla sua posizione giudiziaria ad un rappresentante delle forze dell’ordine e manca qualunque riscontro sull’attività che lo stesso rappresentante avrebbe svolto in quanto non è stata effettuata alcuna verifica sui computer in uso a costui e dell’incontro che ipoteticamente si sostiene sia avvenuto. L’ufficio difensivo ha inteso presentare un’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare coercitiva. Sebi Romeo, come ha tenuto a specificare il procuratore Bombardieri, non ha alcun legame con reati di associazione a delinquere».

Ieri, il consigliere regionale Alessandro Nicolò, invece, secondo quanto appreso, aveva risposto alle domande dei magistrati, respingendo l’ipotesi accusatoria di «essere il referente politico in Consiglio regionale della cosca Libri» e affermando che il collaboratore di giustizia De Rose mentirebbe.

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Anche i fratelli Francesco e Demetrio Berna, costruttori molti noti in città, hanno risposto alle domande del gip e della pubblica accusa, così come Giuseppe La Porta e Giuseppe Serranò, uomini di stretta osservanza di Antonino Caridi, genero del defunto ‘Mico’ Libri, hanno contestato la veridicità delle affermazioni del collaboratore di giustizia Enrico De Rosa. Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere Stefano Sartiano, Antonio Zindato e Gianpaolo Sarica. 

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