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I funerali di Antonino Candido a Reggio Calabria

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REGGIO CALABRIA – C’è una tentata frode all’assicurazione dietro la tragedia di Quargnento per la quale i carabinieri hanno fermato la scorsa notte Giovanni Vincenti, il proprietario della cascina esplosa in cui sono morti tre vigili del fuoco (LEGGI) tra cui il giovane reggino Nino Candido. Lo rende noto il procuratore di Alessandria Enrico Cieri nel corso di una conferenza stampa. L’uomo fermato ha confessato, negando però l’intenzione di volere uccidere. La moglie di Giovanni Vincenti è indagata a piede libero, rende noto il procuratore.

L’esplosione doveva essere una sola ma un errore nella programmazione del timer, collegato alle bombole del gas, ha provocato la tragedia. «Il timer era stato settato all’1.30 ma accidentalmente c’era anche un settaggio alla mezzanotte. Questo ha portato alla prima modesta esplosione che, ahimè, ha allertato i vigili del fuoco», ha detto Cieri.

Vincenti è ritenuto responsabile di disastro doloso, omicidio e lesioni volontarie per l’esplosione che la notte tra il 4 e il 5 novembre ha distrutto un cascinale.

La svolta nelle indagini a poche ore dai funerali solenni di Antonino, Marco e Matteo nella cattedrale dei Santi Pietro e Marco di Alessandria (LEGGI), alla presenza tra gli altri del premier Giuseppe Conte, del presidente della Camera Roberto Fico e del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.

Le indagini hanno portato in pochi giorni ad un primo risultato grazie alle attività “serrate e articolate” dei carabinieri, agli ordini del colonnello Michele Angelo Lorusso. Numerosi gli accertamenti tecnici e gli interrogatori, tra cui nelle ultime ore quello di Giovanni Vincenti, proprietario dell’immobile andato distrutto.

L’uomo, che gli inquirenti avevano già ascoltato più di una volta, ha risposto per diverse ore alle nuove domande degli investigatori.

«Non ho informazioni da dare, gli inquirenti stanno facendo accertamenti», afferma il figlio di Vincenti, Stefano, contattato al telefono. In caserma anche un avvocato, Laura Mazzolini del foro di Alessandria, e due donne, che arrivano e se ne vanno in auto nell’arco di una ventina di minuti. «Ho assistito all’interrogatorio, non posso dire nulla», si è limitato a dichiarare il legale lasciando gli uffici dell’Arma in piazza Vittorio Veneto poco prima delle 2 del mattino.

Davanti al Comando provinciale anche alcuni cittadini che, saputo dell’interrogatorio, hanno raggiunto gli uffici dell’Arma.

A REGGIO CALABRIA – Un lungo applauso ha accompagnato l’uscita della bara, avvolta nel Tricolore e con sopra il suo casco di lavoro, di Antonino Candido, dalla Basilica Cattedrale di Reggio Calabria, gremita di autorità e cittadini, dove sono svolti i funerali solenni del giovane vigile del fuoco deceduto, assieme ai due colleghi Marco Triches e Matteo Gastaldo. Tantissimi i vigili del fuoco in divisa.

«Il dolore per questa morte – ha detto nell’omelia l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini – è incolmabile, come il dolore per ogni morte; ma tanto più incolmabile questo perché assurdo, provocato dall’odio cieco di chi si pone al di fuori dalle regole del vivere umano e civile e, ahimè, forse anche religioso». In prima fila, i familiari, il padre Angelo, la mamma, la giovane moglie di Antonino, Elena, le massime autorità cittadini, il prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani. «A me il compito quasi impossibile – ha aggiunto il presule – di consegnarvi parole che vi consolino e vi facciano ancora sperare nella vita e nella fratellanza universale».

Nell’omelia mons. Morosini ha parlato della «cecità coltivata nell’assurda convinzione egoistica, matrice di ogni organizzazione malavitosa, che nessuno mai deve intralciare il mio interesse, il mio tornaconto, costi quel che costi, anche la morte di persone innocenti. Antonino sapeva, come ogni vigile del fuoco sa, che ogni volta che usciva dalla caserma a sirene dispiegate andava incontro ad un pericolo, a rischio della vita, ma usciva ugualmente, perché l’amore alla divisa del vigile del fuoco era qualcosa di grande per lui. Egli ha amato il suo lavoro e la divisa che indossava, ereditata dal servizio paterno. Grazie Antonio di questo tuo sacrificio, grazie familiari tutti per queste lacrime versate, per questo dolore incontenibile che non vi dà pace».

«Grazie – ha detto ancora l’arcivescovo di Reggio Calabria – perché gli educatori di ogni rango e di ogni livello hanno oggi un altro modello a cui guardare; un modello che darà loro la forza di poter denunciare la dimenticanza nella nostra società dei grandi valori umani e cristiani, che stiamo abbandonando in nome di un egoismo freddo e insensibile. Al corpo dei Vigili Urbani la nostra gratitudine per la vigilanza sulla nostro vivere tranquillo e felice. Per tutti il monito ad essere sempre portatori di vita e di speranza e mai di morte».

Alla cerimonia c’erano i gonfaloni e le delegazioni dei Comandi dei vigili del fuoco di tutte le province calabresi e del Comando di Catania, con il quale Reggio Calabria condivide il servizio di elicotteri del Corpo.

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