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Mimmo Lucano ai tempi della notifica dell'ordinanza cautelare dell'operazione Xenia

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LOCRI- Sono sette anni e undici mesi di reclusione per Mimmo Lucano: questa è la richiesta formulata, pochi minuti fa, dalla procura di Locri all’ex sindaco di Riace, simbolo dell’accoglienza a cui viene contestata anche l’associazione e l’aggravante della continuità.

Su ventisette imputati, sono invece ventidue le richieste di condanna e quattro le assoluzioni, mentre la procura chiede la decadenza per molti dei capi d’accusa che hanno fatto da cornice al processo Xenia, dove agli imputati viene contestato a vario titolo il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la truffa e l’abuso d’ufficio sulla gestione dei progetti di accoglienza agli immigrati. Lucano viene, dall’accusa, messo a capo dell’associazione: «Si comprende che Lucano è il decisore, colui che opera le assunzioni nelle associazioni, che fa lavorare i riacesi e tieni in piedi un sistema di welfare. Non può allontanare i migranti per un’immagine pubblica che ormai si è creato e, soprattutto, perché deve tenere in piedi un sistema che fa lavorare tutti i riacesi i quali stanno zitti».

Il sostituto procuratore di Locri, Michele Permunian, lo ha detto più volte in aula, sottolineando come «emerge – ha detto- che è Lucano a “fare e disfare” le associazioni a seconda della vicinanza ideologico politica. Quando si creano degli attriti costituisce una nuova associazione in cui riversa i migranti di quella che decide di chiudere».

In oltre sette ore di requisitoria, Permunian ha delineato, passo dopo passo la storia ed evoluzione dell’indagine Xenia, invitando la corte ad ascoltare le intercettazioni dove si potrà anche sentire Lucano dire «io odio lo stato» e dunque si «denotare», ha ribadito il pm «il modo in cui Lucano esercitava il potere assoluto ovverosia con totale disprezzo delle regole e al fine di rafforzare la sua posizione politica».

Nessun processo politico ed a spiegarlo, nella lunga giornata vissuta davanti alla corte presieduta dal giudice Fulvio Accurso, è direttamente il capo della procura di Locri, Luigi D’Alessio, il quale prima dell’avvio della requisitoria del suo sostituto, ha evidenziato alla corte ed agli avvocati come «non è stato e non sarà mai un’indagine e un processo agli ideali o all’accoglienza. Non è mai stato nelle intenzioni della procura contrastare quello che è un principio fondamentale come quello di accogliere le persone che sono in difficoltà. È un indagini iniziata nel 2016 e che ha attraversato vari governi; ne ho contati -ha concluso- ben quattro e di diversi estrazioni politiche».

Prima che Permunian annunciasse le richieste di condanna, è intervenuta anche il pm Marzia Currao, la quale è entrata nel merito del diritto.

E, così, oltre a Lucano, la mano pensante della procura è stato, tra gli altri, per Fernando Antonio Capone (7 e mesi 5 di reclusione), Cosimina Ierinò (4 anni e mesi 10) Giuseppe Ammendolia detto “Luca” (anni 3 e mesi 2) e Jerry Tornese (anni 4 e mesi 2) a cui viene contestata l’associazione. Tra le richieste di condanna c’è anche quella che l’accusa indica come la compagna di Lucano, Lemlem Tesfahu (anni 4 e 4 mesi)

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