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La vecchia facciata del teatro dopo l'incendio

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REGGIO CALABRIA – Lui, o meglio il suo rustico in abbandono, vegeta là, aperto, come squarciato là sotto il sole e sotto le intemperie, preda di animali selvaggi, di chi cerca un tetto temporaneo o di chi pensa di liberarsi di sacchi di immondizie. Ma un teatro non può morire: è cultura, è ricchezza, ma mai come in questo caso è pura identità di un popolo, quello di Gallico.

L’ex Enal -Cral di Gallico, infatti, non è solo un’incompiuta abbandonata nel degrado più assoluto che grida vendetta davanti ai bisogni culturali di un popolo ma è una struttura nata e realizzata dagli stessi cittadini, disperatamente voluta e sostenuta negli anni dalla gente di Gallico fin dal 1926 che, negli anni come l’araba fenice, moriva e risorgeva nonostante i tempi bui della guerra, del dopoguerra, delle guerre di mafia ma che ormai da più di 50 anni, nonostante ci siano i fondi e siano partiti i lavori, le amministrazioni pubbliche (di svariati colori politici) che si sono susseguite non riescono a terminare.

Ogni volta ci si ferma ad un passo dal rush finale. Eppure qui dentro all’ultimo (il più recente risale solo a qualche anno fa) sopralluogo della politica lo si raccontava con occhi entusiasti: «La sala conterrà un pubblico di 520 spettatori, divisi tra la platea con 392 posti e la balconata con 128 posti. L’alta torre dalla facciata, è stata pensata frammentata da figure geometriche regolari e irregolari è il “simbolo” della funzione, della cultura e dell’innovazione, pensato anche senza barriere architettoniche per dare a tutti la possibilità di partecipare alla vita attiva della città ma siamo certi che questo teatro sarà il fiore all’occhiello per questa zona e per tutta la città». Eppure ad entrare dentro il rustico completamente open-air sembrano i soliti bla-bla della politica per l’ennesima cattedrale nel deserto.

Nel 1926. Quando Gallico era Comune autonomo poco prima della nascita della “Grande Reggio” (1927), il teatro era stato costruito proprio dai gallicesi (che con forze e risorse proprie iniziarono a costruirlo nel 1924). Il cineteatro era tutto per il territorio. Nasce come un opera Balilla, era un dopolavoro fascista, un circolo socioculturale, era cinema, era biliardo, era circolo ricreativo: unico l’unico luogo dove si incontravano sullo stesso piano contadini e proprietari terrieri, in cui l’umile poteva inveire contro il padrone, magari per una giocata sbagliata. Dove la persona di estrazione modesta poteva sedere vicino al nobile a gustarsi un’operetta. Ospitava la biblioteca del Provveditore delle Calabrie, Salvatore Coppola morto nel 1927 che la donò e destinò al popolo gallicese.

L’omicidio del boss ed il rogo del teatro. L’Enal (ente nazionale assistenza dei lavoratori) Cral di Gallico visse e sopravvisse a tutte le stagioni, a tutte le guerre, restava e resisteva, fino a quando, accanto al teatro, dentro gli stessi locali del cineteatro, a Natale del 1966, in un angolo allestito quasi a bisca clandestina, si consumò anche il feroce omicidio di un boss locale.

Mentre gli inquirenti cercavano di capire il quadro dell’efferato delitto, una mano o forse più mani rimaste ignote, celebrarono la nascita del nuovo anno, il Capodanno del 1967, dando fuoco al Cral Enel al cui interno era allestita anche una biblioteca. Con l’edificio le fiamme distrussero la storia sociale e culturale del comune di Gallico, che in quell’edificio si rispecchiava ed ancora si rispecchia.

La Regione se ne impossessa. Passa solo qualche anno e nel 1972 la Regione Calabria si impossessa di quei ruderi fumanti che vengono annessi ai beni dell’ente grazie alla legge sulla soppressione degli enti inutili (Cral-Enal) che vengono annessi al patrimonio delle Regioni.

La ribellione di Gallico. Ma il teatro, sia pur ridotto a macerie annerite, non è un bene inutile per la popolazione della vallata del Gallico. Da quel momento il popolo gallicese ha sempre lottato per rivendicare la sua ricostruzione, simbolo del suo passato e speranza del proprio futuro. Le battaglie furono delle associazioni ma anche della politica, con l’ex presidente di circoscrizione Oreste Arconte (dal 1981-84 il suo mandato ed è stato anche presidente dell’associazione Giangurgolo e direttore della rivista di informazione socio- culturale dall’omonimo che della riapertura del teatro ha fatto un vessillo identitario per la popolazione). In piazza dal 1967 agli anni Ottanta si videro svariate manifestazione della Dc e del Pci per il recupero del circolo Cral Enal. Finalmente prima nel 1984 con una richiesta avanzata dallo stesso Arconte che si trasformò poi in delibera di giunta nel 1987 si procedette ad ottenere la riannessione del circolo Cral-Enal alla proprietà comunale. Ma la delibera di giunta comunale non venne però mai inviata, però alla Regione, come si seppe successivamente.

Rinasce con il sindaco della Rinascita, Italo Falcomatà. Sulla scorta però di quella delibera nel 1998, l’allora sindaco Falcomatà (con il progetto della città policentrica) ha riconosciuto il diritto dei gallicesi ad avere un teatro ed ha dato il via per la sua ricostruzione, dando incarico di progettazione per il recupero del circolo Cral-Enal di due miliardi di lire. Il 13 dicembre del 2000 il sindaco Falcomatà apre il cantiere e pone la prima pietra. Nel 2001 si apre il cantiere, entro due anni i lavori si sarebbero dovuto chiudere ed il Cineteatro ritornare a diventare per per tutta la Vallata del Gallico, centro di propulsione culturale. Ma la “via crucis” è lunga e tortuosa.

Nel 2002 ci fu il colpo di scena. Nei confronti del comune allora guidato dal sindaco Scopelliti ci fu una denuncia penale per appropriazione indebita proprio perchè quella famosa delibera del 1987 non era mai stata trasmessa alla Regione: la cosa provocò un fermo del cantiere per tre anni fino a quando il contenzioso non fu saldato pagando una lauta cifra da parte del comune alla regione, consentendo così di trasferire definitivamente il bene al comune (che invece lo avrebbe potuto avere gratis se la delibera fosse stata trasmessa regolarmente).

Inspiegabili stop. Tanti i pit-stop inspiegabili che vedono 2008 fermarsi il cantiere. Ed ancora dopo due appalti nel 2010 i lavori si fermano definitivamente con il 70% circa del rustico realizzato per via di un’interdittiva antimafia. Nel 2013, mentre è sindaco Giuseppe Falcomatà, grazie al lavoro certosino dell’assessore ai lavori pubblici Angela Marcianò, in soli 11 mesi, si espletano tutti i passaggi amministrativi necessari alla riapertura della pratica presso la cassa depositi e prestiti e vengono reperiti i fondi per il completamento del cineteatro di Gallico, per far revisionare il progetto secondo le esigenze nuove e far firmare al Dirigente dei LL. PP. la determina di appalto per la riapertura del cantiere.

La consegna dei lavori avviene proprio il giorno in cui Marcianò fu cacciata dalla giunta Falcomatà nel 2017. Il cantiere si ferma però nell’aprile 2019 (i lavori sarebbero dovuti essere consegnati a gennaio 2020). La ditta chiuse il cantiere dopo aver presentato al comune il conto per avanzamento dei lavori a dicembre e non avere ottenuto risposta dall’ente. Il 12 maggio 2019 il comune paga ma la ditta non apre lo stesso il cantiere. Ad un passo del traguardo, dunque la macchina si ferma e non prosegue. Oggi: «Per il teatro Gallico è in corso la procedura di acquisizione del nulla osta paesaggistico-ambientale per una variante resasi necessaria per la modifica delle falde del tetto – ha affermato nei giorni scorsi l’assessore ai Lavori Pubblici Giovanni Muraca – la procedura è poi da sottoporre al Consiglio.

Ma intanto c’è un’altra buona notizia – ha concluso Muraca – è stato assegnato un ulteriore finanziamento con agenda urbana per l’acquisto degli arredi ed è in corso la fase progettuale degli arredi per un importo di 400.000 euro». I gallicesi e non solo sperano di poter vedere consegnata l’opera almeno per il centenario della sua nascita. Un secolo tondo per un teatro: 1926/2026.


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