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CATANZARO – La Polizia di Stato ha arresto 27 persone e ha sequestrato beni per circa 10 milioni di euro nei confronti di appartenenti alle cosche Trapasso e Mannolo di San Leonardo di Cutro e Commisso di Siderno, che hanno evidenziato significative proiezioni in Umbria.

L’operazione della Dda di Catanzaro , denominata “Infectio”, ha determinato l’emissione da parte del gip catanzarese Paola Ciriaco di 23 misure cautelari (20 in carcere e 3 ai domiciliari) nei confronti altrettanti soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e occultamento di armi clandestine, minacce, violenza privata, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno del sistema bancario.

Nello specifico, l’indagine, approfondendo quanto emerso già nell’operazione “Malapianta” dello scorso maggio, ha scoperto la perdurante operatività delle cosche di ‘ndrangheta Mannolo, Zoffreo e Trapasso di San Leonardo di Cutro (KR) e la loro proiezione in territorio umbro, dove, avevano impiantato un lucroso traffico di stupefacenti, anche con la complicità di trafficanti albanesi, e minato, attraverso attività estorsive, la libera concorrenza nella esecuzione di lavori edili, nonché attivandosi a favore di soggetti candidati alle elezioni amministrative locali.

Inoltre, il sodalizio criminale, al quale viene contestata anche la detenzione di armi, aveva inquinato il tessuto economico attraverso la predisposizione di società, spesso intestate a prestanome o a soggetti inesistenti, in grado di offrire prodotti illeciti (in primis fatture per operazione inesistenti) a favore di compiacenti imprenditori: business, quest’ultimo, che ha visto il coinvolgimento anche di soggetti contigui alla ‘ndrangheta vibonese e che ha consentito al sodalizio di lucrare cospicui guadagni attraverso sofisticate truffe in danno di diversi istituti di credito e complesse operazioni di riciclaggio del denaro di provenienza delittuosa.

Al contempo, con l’operazione, denominata “Core Business”, la Procura distrettuale di Reggio Calabria ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, con contestuale decreto di sequestro preventivo, emessa dal gip di Reggio Calabria nei confronti di 4 soggetti ritenuti responsabili di associazione mafiosa in quanto esponenti di vertice ed appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta Commisso di Siderno (RC). Tra essi figura lo storico leader Cosimo Commisso, alias “u quagghia”, scarcerato nello scorso mese di gennaio. In particolare, le odierne indagini- che rappresentano la naturale prosecuzione dell’operazione “Acero-Siderno Connection”- hanno consentito di accertare la perdurante attività del sodalizio dei Commisso e sono state avviate a partite dal 2015, allorquando Cosimo Commisso, dopo un lungo periodo di detenzione, si stabilì a Perugia, località Casa del Diavolo, per scontare la misura della detenzione domiciliare, che gli permise di riallacciare i contatti con altri esponenti di spicco del sodalizio come Antonio Rodà, referente imprenditoriale in Umbria della famiglia Crupi. Proprio con Antonio Rodà, Cosimo Commisso affrontava la problematica legata alla salvaguardia dei beni dei Crupi da probabili provvedimenti ablativi dell’Autorità Giudiziaria; attraverso di cui il boss inviava messaggi ad altri sodali di Siderno, ed individuava terreni nella zona di Perugia da destinare a vigneti per la produzione di vino da commercializzare in Canada per il tramite di soggetti contigui a Commisso.

Cosimo Commisso manteneva anche contatti in Umbria con esponenti di altre organizzazioni ‘ndranghetistiche operanti nella provincia di Crotone (appunto con esponenti della locale di San Leonardo di Cutro, investigati nell’indagine catanzarese), con cui condivideva dinamiche e questioni di carattere associativo e progettava iniziative imprenditoriali comuni.

Tra i destinatari del provvedimento cautelare del gip di Reggio Calabria Giovanna SERGI figura, con un ruolo di spicco, anche il figlio di Cosimo Commisso, Francesco, già coinvolto nell’operazione “Crimine”, nel corso della quale era stato individuato come “Capo giovani”.

L’operazione “Core Business” fa luce sugli interessi economici della cosca Commisso e sui rapporti con professionisti e manager, come Giuseppe Minnici, businessman di riferimento dell’organizzazione, soprattutto in Umbria. Antonio Rodà e Giuseppe Minnici – unitamente ai fratelli Crupi e Loriana Rodà – sono anche indagati per aver compiuto azioni simulate – finalizzate ad agevolare l’associazione mafiosa – che con il sistema di “scatole cinesi” messo a punto per schermare il patrimonio economico e celare le effettive possidenze, contribuivano ad occultare la riconducibilità piena ed effettiva in capo ai fratelli Crupi della società Anghiari Residence srl in provincia di Arezzo, oggetto di decreto di sequestro preventivo.

La società – già oggetto di sequestro di prevenzione disposto dal Tribunale di Latina – è un’attività imprenditoriale nella reale disponibilità dei Crupi e della consorteria criminosa sidernese, strumentale alla realizzazione del programma criminoso della consorteria. Prova ne è, secondo il gip il fatto che costituiva oggetto di intervento anche da parte di Cosimo Commisso il quale, temendo il sequestro, si prodigava per salvaguardare l’integrità delle possidenze economiche del gruppo di cui la società predetta faceva evidentemente parte.

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