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Operatori sanitari

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LAUREANA DI BORRELLO (REGGIO CALABRIA) – “L’amore al tempo del colera” ci ha raccontato come possa essere per sempre, ostacolato ma paziente, nelle sue dinamiche tra una un uomo e una donna, Florentino e Fermina, pur in contorno di morte come il colera e la guerra civile, di un romanzo.

Ma l’amore è incessante anche nella realtà e spesso nel dramma della quotidianità umana si mostra nella sua massima espressione, gratuita e disinteressata verso il prossimo, anche in terre come la nostra, quasi senza Dio, e il Covid, oltre che con i vaccini, ha e deve combattere contro l’amore di operatori instancabili.

Arriva dalla casa di riposo per anziani di Laureana di Borrello una testimonianza diretta del lavoro e dell’abnegazione di due mamme di famiglia, operatrici della struttura, Giuseppa Morano e Maria Teresa Tolomeo, investite unitamente a tutti gli anziani ospiti dalla forza dirompente del virus che non ha risparmiato la struttura da sacrifici e morte. Dodici anziani ricoverati che cominciano ad accusare sintomi e, dai tamponi, risultano tutti positivi al Covid, tranne uno.

La struttura viene isolata insieme a tutti i suoi occupanti, comprese le due operatrici, uniche presenti, che risulteranno anch’esse positive, ma uniche braccia disponibili per gli anziani che non sono più pazienti ma zie, nonni, mamma, che continuano ad assistere , a nutrire a pulire a tenerle compagnia ad assicurarli a dargli le medicine, per trentacinque giorni e notti, isolate e lontane dalle proprie famiglie.

Un dramma nel dramma che si acutizza con il peggioramento di quattro anziani, che si lasciano andare definitivamente sconfitti dal virus. Inenarrabile il dolore nel decesso di una paziente, in completo isolamento della struttura, che non ebbe il tempo di essere ricoverata. Il protocollo Covid, il sacco funebre, il dolore di non aver potuto far nulla. E l’amore, nelle sue molteplici manifestazioni, ripaga sempre, incurante del nostro operare, emerge prepotente. E lo fa per mano della figlia di un ospite della casa, impossibilitato ormai, unico non contagiato, che dice “grazie” pubblicamente con un murale nell’intero circondario.

Un grazie «per aver sacrificato le vostre giornate, i vostri affetti e messo a rischio la vostra salute, per accompagnare per mano persone fragili, ammalate e indifese lungo il tunnel della sofferenza verso la luce che Dio gli aveva indicato. Nulla accade per caso; continua, e anche questa esperienza avrà il suo perché. Mi sono permessa – dice l’autrice del murale – a dare voce a mio padre e a chi, insieme a lui, vi avrebbe ringraziate personalmente se solo avesse avuto la possibilità di farlo, di poterlo esprimere».

Passaggi che resteranno per sempre, testimoni di questo tempo, eterni, come l’amore di Florentino per Fermina al “tempo del colera” ora che la tempesta è passata per la casa di riposo.

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