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La mobilitazione a favore dell'ospedale di Polistena

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POLISTENA (RC) – Un migliaio di adesioni all’appello del Comitato spontaneo a tutela della salute condensate nel piazzale antistante l’ospedale hanno chiesto a gran voce, e a tutti i livelli istituzionali, di fare la propria parte rappresentando le istanze, ormai usurate dalla rabbia e dall’indolenza, del mondo civico.

Una battaglia che si trascina ormai da anni e nella quale, a volte, pur cambiando gli attori e le voci, i risultati ottenuti sono stati flebili se non addirittura evanescenti. A supportare la protesta, più della metà dei sindaci della Piana, la chiesa locale, i rappresentanti di partiti politici ed associazioni e molti cittadini indignati per uno stato di cose che sembra paradossalmente immutabile pur nella collettiva consapevolezza che «l’ospedale di Polistena non si tocca», hanno gridato fino alla disperazione, consci che questa struttura, quasi decadente, è l’unico barlume di speranza sanitaria per un territorio che conta un potenziale bacino di 180mila utenze.

Un ospedale spoke «solo sulla carta» ha detto Marisa Valensise – una delle promotrici del Comitato assieme a Franco Nasso, Marcello Cordiano e Ciccio Trimarchi – indicando nel Comitato stesso la via del cambiamento per restituire l’antica dignità al presidio. Non sono mancate testimonianze di buona sanità di diversi cittadini che hanno avuto esperienze coi medici del nosocomio – spesso vessati, demotivati e costretti ad esercitare la professione oltre l’emergenza – destinatari di gratitudine, apprezzamento e sostegno per il servizio svolto. Incisivo il richiamo di don Pino Demasi il quale ha chiesto conto, proprio ai primi cittadini, delle condizioni disastrose della sanità nella Piana: «La giornata di oggi è frutto di una ribellione» ha sottolineato, esortando tutti i sindaci all’accordo e all’unità per cercare «di essere una sola voce» nelle stanze dei bottoni. Sollecitazione alla quale hanno risposto Michele Tripodi, sindaco di Polistena, e Francesco Cosentino, sindaco di Cittanova e presidente dell’associazione Città degli Ulivi, col primo che ha respinto ogni addebito possibile ai sindaci perché «la colpa di questa devastazione è di chi governa la sanità di questo territorio.

Noi chiediamo solo ascolto ed allo stesso tempo diciamo basta» ha protestato, supportato da Cosentino che, facendo il punto generale sulla sanità territoriale, ha parlato di «situazione drammatica» chiarendo, al contempo, che «i sindaci non possono essere messi sotto processo, noi che ci siamo caricati anche le responsabilità di altri», avvertendo la necessità di stanare i molti imboscati e preannunciando un incontro col Prefetto, in via d’urgenza, per la prossima settimana. Attimi di tensione coi primi cittadini presenti si sono registrati nel corso dell’intervento di Armando Foci quando questi ha puntato il dito contro l’operato di politica e sindaci sull’ospedale. «Dalla politica ai forconi il passo è breve – è stato il pensiero del preside Franco Mileto – ed il ribellismo sarebbe persino grave».

Grave come la situazione già esplosiva esacerbata dalla mancata inversione di tendenza tanto auspicata quanto necessaria. Il sindacalista Nuccio Azzarà ha squarciato il velo dei privilegi di taluni medici con le spalle coperte da politica e sindacati mentre il responsabile della Cardiologia del presidio, Vincenzo Amodeo, ha riferito che «siamo in guerra e dobbiamo combattere» spiegando che «il progetto di destabilizzare l’ospedale di Polistena è antico». Il senatore Fabio Auddino ha rilanciato sull’importanza di fare squadra e fronte comune nei confronti di Occhiuto che deve sapere che «Palmi non può né potrà essere l’ospedale unico» per via del numero di posti letto previsti per abitante. Interventi si sono registrati anche da parte di Aldo Polisena, Giacomo Saccomanno, Nicoletta Rossi, Marco Policaro, Domenico Antico, Pasquale Cangemi, Franco Lando, Giancarlo Cannata e Fabio Racobaldo. La speranza di una (s)volta buona per l’avvio della “primavera della sanità pianigiana” che, partendo dal basso, certifichi la fine degli assegni in bianco firmati finora, senza ritorno, ad una certa classe politica e dirigente.

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