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Mario Zambelli e sua madre Manuela Mallamaci

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La sfida del piccolo Mario e dei suoi genitori contro la sindrome di Chops, il male rarissimo di cui è affetto

«I JUST wanna be happy (voglio soltanto essere felice)». Questa la frase, commovente, stampata sulla maglietta del piccolo Mario, due anni appena, padovano di nascita ma residente a Reggio Calabria. Il suo caso sta interessando l’opinione pubblica più sensibile alla solidarietà. La sua storia, e quella di Luce, 16 anni, l’altra paziente che in Italia soffre della sua stessa patologia, sono state infatti raccontate da alcuni importanti quotidiani del centro nord tra cui Il Gazzettino di Venezia, Padova Oggi e la Nazione di Firenze.

Mario è affetto dalla nascita dalla “sindrome Chops”. Una malattia rara, anzi rarissima visto che i casi di cui si ha notizia nel mondo sono appena una trentina. La Chops, o sindrome del deficit cognitivo, comporta cardiopatia, obesità, coinvolgimento polmonare, bassa statura e displasia scheletrica. Mario ha due anni ma non cammina, ha un’ipoacusia bilaterale moderata e una forte miopia, dovuta ad una cataratta bilaterale. Inoltre, non parla, è costretto ad utilizzare sempre l’ossigeno durante il sonno e, se si ammala, deve farvi ricorso 24 ore al giorno.

«Ci siamo accorti subito che qualcosa non andava nel bambino». Racconta la madre, Manuela Mallamaci, 34 anni ricercatrice astrofisica (il padre Giovanni Zambelli, 38 anni, è un poliziotto) «ma le numerose visite e consulti non sono serviti a capire di cosa Mario soffrisse. La maggior parte dei dottori, infatti, ancor oggi non conosce questa malattia. Poi finalmente all’ospedale Sant’Orsola di Bologna è arrivata la diagnosi della Chops». La prima decisione dei genitori è stata quella di trasferirsi a Reggio Calabria per consentire al bimbo di respirare un’aria più pulita.

Come conferma la donna, non esistono nel mondo progetti di ricerca per questa sindrome rarissima («pochissimi casi in Italia, non più di 30 in tutto il mondo»). Come spesso, purtroppo, accade quando una malattia coinvolge un numero così limitato di pazienti. «Dopo numerose ricerche abbiamo comunque scoperto che in America, precisamente a Philadelfia, opera il dottore Ian Krantz, un illustre genetista clinico collegato con diversi ospedali tra cui il Children’s Hospital e il Pennsylvania Hospital, il quale pochi anni addietro, insieme ad un collega, ha scoperto la Chops».

I contatti della famiglia con il luminare americano sono naturalmente costanti. Ma, spiega ancora la Mallamaci, «oggi l’unica speranza di cura è in California dove ha sede una compagnia la “RareBase” che ha gli strumenti giusti per poter individuare un farmaco in grado di rimuovere o almeno attenuare i molti sintomi. Ma servono soldi, molti soldi». I genitori di Mario comunque non si sono dati per vinti. Insieme ad una famiglia di Carrara che vive lo stesso dramma con la figlia Luce, hanno dato vita nel marzo scorso ad una raccolta di fondi che ad oggi, dunque in nemmeno tre mesi, ha già raggiunto circa 100 mila euro, grazie alla generosità di tante persone che hanno preso a cuore la toccante vicenda del piccolo Mario.

«Ci siamo però detti che a gestire queste donazioni e a deciderne la destinazione non potevamo certo essere noi, che non abbiamo alcuna competenza. Abbiamo così dato vita alla “Fondazione Chops malattie rare”, che riunisce 30 famiglie che nel mondo hanno figli che soffrono di Chops». Si tratta di un ente internazionale mirato a guidare e accelerare la ricerca di una cura. Nel suo board scientifico figurano i massimi esperti mondiali, tra cui il dottor Krantz e il collega Kosuke Izumi, i genetisti che, come detto, hanno scoperto l’esistenza della sindrome di Chops nel 2012. Saranno loro a decidere a quali enti di ricerca destinare i fondi che, si spera, continueranno ad arrivare.

L’obiettivo che la fondazione si è data è, infatti, raggiungere quota 300mila euro. Per donare basta collegarsi al sito fondazionechopsets.com/ e seguire le istruzioni per il bonifico. «Vi chiediamo – questo l’appello dei genitori di Mario, che ringraziano di cuore i donatori – di continuare a credere in noi e a sostenerci. Perché i nostri figli potrebbero essere anche i vostri figli. Un passo alla volta, un gesto di amore alla volta, costruiamo pezzo per pezzo un sogno e una speranza concreta di un futuro migliore e più giusto per Mario e gli altri bambini Chops, malati rari come lui». Il piccolo Mario, come detto all’inizio, vuole solo “essere felice”. Come tutti gli altri bambini. È dovere di tutti (cittadini, associazioni e istituzioni) contribuire a far sì che questo sogno si avveri.

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