X
<
>

Il comune di Rosarno

Condividi:
4 minuti per la lettura

Dopo l’ennesimo scioglimento Rosarno si presenta al voto con 3 civiche, nessun simbolo, nessun partito ha scelto di metterci la faccia

ROSARNO – La chiamavano fino a poco tempo fa: “l’americanedha” (la piccola america), perché per decenni ha dato lavoro a migliaia di braccianti che arrivavano da tutta la Piana. Le terre del Bosco strappate con lotte memorabili e quelle intorno alla città hanno sfamato quasi tutta la Piana. Chi voleva lavorare lasciandosi alle spalle caporali e gabelloti, ma anche povertà e miseria, si trasferiva qui dove la terra fertile diventava occasione di riscatto. Tutto ciò accadde fino agli anni ‘60 del secolo scorso. Poi qualcosa cambiò nella vita sociale: le famiglie di ‘ndrangheta presero il sopravvento.

Il cantiere dell’autostrada prima e del porto subito dopo insegnarono altri modi per ottenere guadagni facili. E fu in quel periodo che Rosarno cominciò ad essere tradita. All’inizio furono i latifondisti che di fronte ai boss scapparono via mentre altri si inchinarono al volere dei nuovi padroni, senza un minimo di resistenza. Poi, fu tradita dalla politica che con le ‘ndrine fece accordi di ogni genere. Gruppi malavitosi si impossessarono anche delle terre e dei frutti, degli agrumi che davano ricchezza e che partivano anche fino alle americhe, quelle vere. Tutti deposero le armi davanti alla spavalderia mafiosa. L’unico argine al loro strapotere furono i braccianti, ma bastò ammazzare Peppe Valarioti per dimostrare che davanti a quel grumo di potere politico-affaristico e mafioso nessuno poteva ribellarsi.

ROSARNO AL VOTO SENZA LA PRESENZA DI ALCUN PARTITO, L’INIZIO DELLA DECADENZA

La decadenza di Rosarno cominciò a manifestarsi in tutta la sua drammaticità: con i Pesce che ne divennero i veri padroni, ai quali poi si aggiunsero i Bellocco e le loro famiglie satelliti. La Rosarno bella e gentile, la cui anima affondava le sue radici nell’antica Medma, la Rosarno che offriva dignità e lavoro, piegò definitivamente la testa e l’anima. I nuovi padroni, prima si allargarono a San Ferdinando vecchia frazione di Rosarno e poi verso altri centri, fino a salire su verso le regioni dell’Italia del Nord. Sfacciati, violenti, arroganti e definitivamente consapevoli della loro potenza mafiosa piegarono tutto e tutti ai loro voleri. Tranne rari casi di combattenti resistenti come l’eterno ed inimitabile Peppino Lavorato.

I boss arrivarono a condizionare metodologie sociali e a suscitare devianze di ogni genere. Nella Piana ancora oggi si usa la definizione di “rosarnizzazione” quando si vuole descrivere un territorio vocato alla confusione e alla dispersione di ogni regola civile e sociale. Quando si vuole affermare come la carneficina “culturale” si sia spinta in avanti con la spietatezza arrogante di metodi che hanno lasciato e lasciano ancora sul campo solo abbandono, miserie e reati. Con tanti giovani finiti dentro le grinfie del metodo mafioso, giovani che sono divenuti rapinatori, corrieri di droga, di armi a disposizione dei boss.

LE INCHIESTE GIUDIZIARIE CHE CERTIFICANO GLI SCENARI DI DECADENZA

Decine di inchieste giudiziarie hanno certificato questi scenari, con particolari anche agghiaccianti che hanno fatto venire i brividi anche a colui o a coloro che, come si dice da queste parti, “hanno i pili sul cuore”, nel senso che non provano più compassione quasi per nulla. In questo clima, la gente per bene, come sempre la maggioranza, anche a Rosarno, ha fatto passi indietro, si è isolata, si è nascosta per cercare di sopravvivere, finendo, però nel tritacarne generale. Quasi 15 mila abitanti, uno dei centri più attenzionati della Piana, Rosarno si appresta a tornare alle urne dopo l’ennesimo scioglimento per mafia.

L’ultima coalizione amministrativa allontanata dal Ministero dell’Interno, dopo aver visto il ricorso avverso lo scioglimento bocciato dal Tar di Roma, non ha neanche proposto ricorso al Consiglio di Stato. Tre liste civiche e 3 candidati a sindaco, senza simbolo di partito, molti dei quali hanno preferito la fuga o il disinteresse. I candidati a sindaco hanno tutti esperienze passate di amministratori ed in questa fase pur avendo qualche tessera di partito in tasca hanno preferito metterla da parte, quasi per pudore o convenienza. Forse per non scompaginare “accordi” che mal volentieri avrebbero consentito le rivendicazioni di identità politiche.

ROSARNO AL VOTO, LA FUGA MESSA IN ATTO DA OGNI PARTITO

Liste, politicamente indefinibili, con pezzi di sinistra insieme a pezzi di centro o di destra e con quest’ultima spaccata. La Lega, che pure a Rosarno ha una delle sue roccaforti da almeno 10 anni, per ragioni misteriose, ha preferito la fuga, Così Fratelli d’Italia. Nessuna traccia del Pd, almeno ufficialmente o della sinistra storica rosarnese che ha preso le distanze da questa competizione. In qualche lista anche candidati che facevano parte di amministrazioni sciolte per mafia. Già la mafia, che qui si chiama ‘ndrangheta che conta, non viene nemmeno nominata nei dibattiti o nei comizi.

Una parola che a queste latitudini è meglio non nominare, per non suscitare possibili pericoli, ma che rappresenta una sorta di co-invitato di pietra, invisibile. Si attaccano invece lo Stato ed i Commissari Prefettizi, che stanno per lasciare e che lasceranno in eredità a chi verrà finanziamenti per 15 milioni di euro. Un comune in dissesto da anni, dove fino a due anni fa solo lo 0,59% dei cittadini pagava l’acqua. Dove i bandi pubblici vanno sistematicamente deserti, chissà perché?

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE