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REGGIO CALABRIA – I tesori della Magna Grecia stuzzicano i turisti della città dello Stretto e, complice l’apertura delle sale del piano terra, al Museo archeologico nazionale i visitatori aumentano visibilmente. Sono trascorsi dieci giorni dall’inaugurazione dell’allestimento che mette in mostra un patrimonio archeologico di inestimabile valore. Per la serie, finalmente non solo Bronzi di Riace. Non ci sono le file dei giorni migliori, intendiamoci, ma tra le antiche tracce della civiltà magnogreca, custodite nei locali rinnovati di Palazzo Piacentini, gli accenti dei turisti si intrecciano davanti alle statue, alle monete, alle anfore, ai reperti delle colonie fiorite in Calabria.

Peccato però che, almeno che non si sia archeologi o critici d’arte, orientarsi tra le meraviglie esposte nel percorso espositivo aperto dal primo sabato di luglio, per l’ignaro visitatore sia impresa ardua. Non tutti i capolavori esposti sono muniti di apposita indicazione che illustri le caratteristiche salienti dei reperti che si stagliano agli occhi sbarrati dinanzi a cotanta meraviglia. Tra i pannelli della necropoli dell’antica Rhegion o quelli delle testimonianze della Rhegium Julii, diversi sono gli esemplari con indicazioni scritte a penna su pezzi di carta (lisci, a quadretti o a righe, ce n’è per tutti i gusti) strappati alla meno peggio o affidati ai classici post-it gialli. Se non addirittura su fogli che dai più distratti potrebbero essere scambiati per carta igienica, ma che più verosimilmente dovrebbero essere ritagli di carta da cucina. Il personale, per quanto disponibile e cordiale, lo si riconosce solo dal cartellino spillato sul petto.

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Nessuna livrea identificativa, né divisa fai dai te. Non proprio il massimo per uno dei primi 20 musei del Belpaese, il più visitato del Mezzogiorno, stando alle ultime rilevazioni. Per non tacere, poi, delle impronte lasciate sui cassettoni bianchi a sostegno delle opere o delle macchie sui vetri delle teche, segno sicuramente di scarso senso civico, ma anche di trascuratezza e incuria. Insomma, un quadro non all’altezza di un luogo che dovrebbe fare del decoro, dell’ordine, della sacralità, gli elementi base del suo biglietto da visita. E, invece, ad accogliere il visitatore, il cartello “vetrina in allestimento” sul plexiglass di una teca. Certo, poi, in alcuni scomparti si può fare affidamento sui touchscreen che, in versione multilingue (italiano, inglese e Lis) offrono ai visitatori informazioni generiche sulle ricchezze esposte.

Ma, ad ascoltare le segnalazioni dei turisti alla nostra redazione, sono dettagli che passano inosservati. E pensare che la riapertura del Museo della Magna Grecia era attesa per il 2011, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Dopo anni di ricorsi al Tar, fermate forzate e lunghissime attese, l’odissea sembrava essere arrivata al capolinea lo scorso aprile. E invece, un altro rinvio. Negli ultimi due mesi tecnici e professionisti della Soprintendenza Archeologia della Calabria hanno lavorato alacremente perché l’allestimento e il percorso espositivo potessero essere pronti per la riapertura definitiva. Dalla sera del 4 luglio la domanda che si pongono i visitatori, forestieri e autoctoni, è: con tutto questo tempo a disposizione, non si poteva fare meglio?

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