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Riccardo Tesi

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CAULONIA – Da Fabrizio De André a Ivano Fossati, da Gianna Nannini a Piero Pelù, passando poi per i jazzisti più famosi, da Trovesi a Mirabassi a Maria Pia De Vito, e i più grandi esponenti della world music: questa è solo una parte del curriculum di Riccardo Tesi, un artista che ha raggiunto la fama internazionale inseguendo una passione viscerale per la musica senza distinzioni – perché la musica, si sa, è come il mondo: grande, accogliente, variegata.

L’artista toscano è stato invitato a Caulonia per inaugurare il secondo appuntamento della manifestazione Vox Populi, previsto per domenica 21 novembre. Lo spettacolo, che promette quell’eccezionalità propria degli eventi irripetibili, sarà costruito su ritmi dal gusto popolare, d’accordo con la natura e l’ispirazione della manifestazione. Accanto a Riccardo Tesi, a rendere i dovuti onori alla musica tradizionale calabrese, si esibiranno i componenti dell’Orchestra del Mediterraneo.

Di questo connubio Tesi si dimostra felice, cosciente che si prepara a dare vita a un’esperienza musicale praticamente unica: «È la realizzazione del mio sogno -racconta- trasmettere agli allievi quello che ho imparato. Da come si fa un soundcheck a come si sta sul palco. I musicisti sono bravissimi e posso sbizzarrirmi nella scrittura». Del resto, secondo questo mostro sacro della world music «spesso la musica calabrese viene vista con un po’ di sussiego, invece è una tradizione straordinaria, ricchissima, e quel che più importa, ancora viva».

Sulla scia di questa consapevolezza, Riccardo Tesi intende animare il cuore della musica tradizionale, darle una carta d’identità e restituirle quel futuro glorioso che tutta l’arte merita. Spiega che la sua vocazione lo ha portato a insegnare organetto diatonico al conservatorio di Nocera Terinese in Calabria, dove la musica popolare è molto sentita ed è motivo di prestigio sociale più che in altre zone d’Italia. «È un’esperienza innovativa ed entusiasmante – spiega -. Molti giovani hanno già raggiunto un altissimo livello tecnico: io cerco di aiutarli a espandere il loro linguaggio e a uscire dall’ottica “regionalistica”».

Cominciare sotto un’egida e poi uscirne, imparare altro per creare nuove armonie della mescolanza è quanto è successo allo stesso Tesi, che racconta la sua esperienza policroma e la sua formazione eccezionalmente varia: «Nasco con Caterina Bueno, quindi nell’ambito della ricerca etno-musicologica sulla musica tradizionale. Ma prima ancora nasco con il rock (Jetro Tull, Bob Dylan, Folk inglese). Ho cominciato a interessarmi alla musica tradizionale completamente da autodidatta, dalla tarantella al ballo sardo. Ho collaborato con artisti di tutti i generi, altrimenti non sarei mai potuto essere un musicista popolare: nascevo sotto un altro segno, perché mi piaceva anche il jazz. Ho collaborato con musicisti di varie estrazioni, anche di altri paesi, in un susseguirsi di incontri che mi hanno trasformato».

L’artista non nasconde di essersi imbattuto in qualche difficoltà davanti all’incontro di pratiche musicali così diverse, tra cui era chiamato a mediare: i musicisti tradizionali, che usano solo orecchio e memoria, quelli classici che seguono lo spartito, i jazzisti che lasciano spazio all’improvvisazione. Fa un esempio raccontando della realizzazione del progetto “Un ballo liscio”: «Le prove sono state difficilissime – ammette – proprio perché c’erano in ballo tre attitudini diverse verso la musica: il quartetto d’archi voleva provare moltissimo, i jazzisti il meno possibile».

Ma un artista a tutto tondo come Tesi non si lascia limitare dalle rigide divisioni tra generi, né rinchiude la sua musica entro i confini di un’etichetta. La sua carriera lo ha portato dalla Toscana all’Africa Nera, dalla Provenza ai piccoli borghi calabresi, dal Canada agli Stati Uniti. E poi dal jazz al folk, dal rock ai balli sardi, dalla classica alla pizzica. Perché? Per abbattere il pregiudizio, per smantellare gli stereotipi, per arginare quel preconcetto di una classe sociale che “consuma” un certo genere di musica, inevitabilmente giudicato secondo criteri non musicali. Per creare un dialogo tra strumenti e ritmi diversi, perché da ogni dialogo nasce qualcosa di nuovo e potenzialmente bellissimo.

Questa continua mediazione tra generi, la stessa che ha spinto la sua carriera  verso sperimentazioni  inedite, è diventata il “marchio di fabbrica” di Riccardo Tesi: «Ho avuto la fortuna di avere a che fare con i miei cantautori preferiti – dichiara –  e sono stato sempre libero di inventare la mia parte. Mi si chiedeva non di eseguire qualcosa, ma di mettere qualcosa di mio nel brano. Ad esempio, nella canzone “L’angelo e la pazienza” di Ivano Fossati, ho fatto un solo che poi, nelle tournée, con musicisti diversi, è stato sempre rifatto uguale su richiesta di Ivano».

Esattamente: una “fortuna”. Per Tesi, che ha avuto la libertà di provare; per noi, che abbiamo il piacere di ascoltarlo. 

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