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Davanti al castello aragonese la suggestiva esibizione del cantautore astigiano che ha conquistato il pubblico con i suoi successi

REGGIO CALABRIA – Sappiamo che prima o poi arriverà. Ci sarà un giovane cantautore italiano, che avrà una grande cultura musicale, una certa dimestichezza con la provincia italiana e con la scena internazionale, una formazione da pianista, magari jazz, proprio come Paolo Conte. Ma poi lui, come l’Atahualpa di Milonga, mentre esegue una canzone, gli dirà “Descansate nino, che continuo io”.

Un breve saluto dell’organizzatore Ruggero Pegna, sul palco con l’assessore alla cultura del Comune di Reggio Calabria Rossana Nardi, e il concerto inizia, in orario.

Giovedì sera Paolo Conte, alle spalle del castello aragonese si è esibito nell’unica data per il Sud  del suo International tour, entrando in scena col suo fare da istrione, giocando con gli splendidi musicisti che lo accompagnano. Non si arruffiana il pubblico – cosa che ha creato qualche malumore in chi non conosce a fondo la caratura dell’artista – non ha bisogno di dire “grazie Reggio”, il suo grazie è  la sua arte, il suo fare ironico. Poi ci sono le sue note e le sue parole.

È stata una serata perfetta, su Reggio Calabria spirava, leggero, a rinfrescare, il vento della leggenda che sbatteva le note contro le pietre del castello e le consegnava nelle mani plaudenti di un pubblico non da sold out, ma sicuramente da evento, unico, e, vista la carriera artistica e l’età di Paolo Conte, irripetibile.

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Si comincia con Ratafia e poi con Sotto le stelle del jazz, canzone nel perfetto stile di Conte, fra armonie che tendono a leggere distorsioni, che raccontano uomini che inseguono amori e delle donne che non si capisce perché non amino il jazz. Ma è un percorso di amore e di passioni, che non saranno, forse perché non vogliono davvero rivelare il loro io, ma che per una donna, anche solo per una notte, sono pronti a tutto. Forse. Finché non passa il momento. Arriva il momento del classico, né ha tanti, ma le prime note annunciano Milonga, la canzone che citavamo all’inizio. Il pubblico è rapito, si muove sulle sedie accompagnando il ritmo, sostenendo ognuno dei dieci musicisti dell’orchestra – straordinari – ed esplodendo in un lungo e fragoroso applauso. Snob è il brano che dà il titolo all’ultimo album, piace alla gente, ma meno di Tropical, eseguita magistralmente da tutti quanti.

Il nostro artista ha un rapporto importante con i suoi musicisti, sa sceglierli e poi gli regala il palco per il tributo del pubblico. Conte, nel tempo, ha costruito dei brani che sono perfetti da ascoltare, ma anche da suonare, come Dancing e soprattutto Diavolo Rosso, eseguito in un versione lunga e tiratissima, dove ognuno ha lo spazio per un assolo. Il momento più alto e coinvolgente del concerto e gli spettatori si alzano nuovamente in piedi dalle sedie entusiasti. Il pubblico è come un corpo unito che incita tutti, ma continua a scandire il nome di Paolo Conte. Si va avanti e arriva un altro inno di Conte, forse il più conosciuto, anche perché cantato da Roberto Benigni. “It’s wonderful, it’s wonderful” recita il ritornello di Vieni via con me, che è anche l’unico bis della serata, però con un ritmo più sostenuto.

Dopo 90 minuti, senza pause, quest’uomo, che presto compirà 80 anni, avete letto bene ci regala un sorriso e saluta il suo pubblico, che continua a chiamarlo. È finita. È stata una serata perfetta, soprattutto per la classe che l’avvocato di Asti regala con le canzoni e il suo jazz.

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