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Enrico Fierro

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Ha lasciato un vuoto grande la notizia – data dalla famiglia – della morte di Enrico Fierro, spentosi dopo una galoppante malattia all’età di 69 anni (LEGGI). Doveva festeggiare i 70 in quella data chiave che è il 23 novembre, ricordo del terribile terremoto che aveva devastato la sua Irpinia nel 1980.  

Era un giornalista comunista, Enrico Fierro, e lo è rimasto fino all’ultimo dei suoi giorni, con una maniacale cura nel trattare notizie invise al potere, quelle che vanno in direzione degli ultimi.  

CHI ERA ENRICO FIERRO

Nato ad Avellino, si era formato nella Fgci contrastando il potere bianco delle sue terre. Anni di passioni intense, con un Partito che non lasciava passare inosservato il talento dei suoi militanti.   In questo modo si diventava giornalisti di sinistra. Le prime collaborazioni sono con le migliori palestre che potevano aspettare un giovane di quegli anni. “La voce della Campania” e “Dossier Sud” forgiarono lo stile e la tecnica del giornalista destinato a diventare inviato speciale dell’Unità.  

Aveva una passione meridionalista che affinò molto occupandosi di Calabria. Sempre sulla notizia con scrupolo e senza temere di scontrarsi con il potere forte e occulto.  

Ironico e compagnone, l’immancabile sigaretta accesa, nei suoi reportage aveva curato mille rapporti umani con le firme affermate e con i giovani cronisti.    

Passò al Fatto Quotidiano che rappresentava la continuità con la sua idea di giornalismo. Nell’ultimo miglio della sua vita l’approdo al Domani, una scelta sempre dettata non dal contratto ma dalla linea che non mollasse la presa sul potere della denuncia.

Non disdegnava l’approfondimento delle inchieste da conservare nelle sue pubblicazioni. In questo ambito era nato nel 1990 “Dieci anni di potere e terremoto” e soprattutto il libro inchiesta su Pomicino scritto con Rita Pennarola e Andrea Cinquegrani.  

LA SUA PASSIONE PER LA CALABRIA

Gli anni zero del XXI secolo lo vedono nella Locride impegnato a raccontare la decadenza politica e morale della Calabria attraverso la cronaca. Troppo strette le paginate di giornale. Nascono in quegli anni “E adesso ammazzateci tutti” sul movimento dei ragazzi di Locri e soprattutto “Ammazzati l’onorevole” il miglior libro dedicato al delitto Fortugno.  

Di gran pregio anche “La Santa. Viaggio nella ‘ndrangheta sconosciuta” lavoro curato con Ruben Oliva che somma il libro ad un pregevole documentario, vincitore di numerosi riconoscimenti, che per la prima volta mostra come la sconosciuta piovra calabrese fosse diventata egemone nei cinque continenti. Una formula di narrazione che aveva riproposto in “Malitalia”.  

Enrico Fierro è stato una persona buona che aderiva ai progetti che portavano speranza.

IL RICORDO DI STEFANO FELTRI, L’ULTIMO DIRETTORE DI ENRICO FIERRO

Come ha scritto Stefano Feltri, il suo ultimo direttore, nel suo articolo di ricordo: «Enrico ha dimostrato in una carriera lunga e integerrima che per un giornalista l’indipendenza è prima di tutto una condizione dell’animo, una tensione verso la giustizia. E che quindi si può essere politicamente impegnati e intellettualmente indipendenti, aggressivi e implacabili con chi è potente e lo merita ma, al contempo, compassionevoli con chi è caduto».

Era stato, infatti, strenuo difensore di Mimmo Lucano, unico cronista ostinato a seguire tutte le fasi del processo di Locri. Enrico che amava e comprendeva di cinema ne aveva fatto uno spettacolo teatrale, “Riace social blues”.

«OGGI È UN GIORNO TRISTE», L’ULTIMO PENSIERO DI MIMMO LUCANO PER ENRICO FIERRO

E Mimmo Lucano ha scritto: “Oggi è un giorno triste. Su una nuvola sta salendo verso il cielo il mio amico Enrico Fierro. Quanto ti voglio bene, Enrico, non riesco a credere che non ci sei più, ti porterò sempre nel cuore».

Enrico Fierro è stato un giornalista dalla schiena molto dritta che si poneva sempre dalla parte dei giusti più che del torto.

Alla moglie e ai cinque figli le condoglianze del Quotidiano del Sud.

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